Domenica scorsa al taglio del nastro sono arrivati in cento, centotrenta al massimo. E se si tolgono ospiti esterni (la solita sfilata di politici), eredi dei premiati, addetti ai lavori e giornalisti, la partecipazione non è stata entusiasmante. Non è stato entusiasmante neppure il discorso del sindaco uscente Mario Mantovani che non ha perso occasione per insultare i cronisti del nostro settimanale, definiti “pennivendoli”
7 LUGLIO 2013
ARCONATE (MILANO) – Palazzo Taverna, adesso, è davvero bello. Non è ancora finito, mancano gli ultimi ritocchi, alcune sale sono depositi e gli uffici del comune saranno operativi, forse, in autunno. Però, ribadiamo, è davvero bello: i lavori di restauro sono stati eseguiti a regola d’arte. Sul prossimo numero vi daremo i ragguagli anche sui costi, peraltro molto elevati, degli interventi e degli arredi. Gli arconatesi avranno molte occasioni per apprezzarlo, anche perché domenica scorsa al taglio del nastro sono arrivati in cento, centotrenta al massimo. E se si tolgono ospiti esterni (la solita sfilata di politici), eredi dei premiati, addetti ai lavori e giornalisti, la partecipazione non è stata entusiasmante. Non è stato entusiasmante neppure il discorso del sindaco uscente Mario Mantovani che non ha perso occasione per insultare i cronisti del nostro settimanale, definiti “pennivendoli”. La ragione? Abbiamo osato criticare alcune sue scelte. Ci vorrebbe un ripasso dei termini ‘democrazia’, ‘libertà’ e ‘tolleranza’. Provvederemo. L’intera cerimonia è stato uno show sgradevole. Mantovani avrà distribuito cento premi, quasi tutti a persone morte: li hanno ritirati gli eredi. Persino quelli del primo becchino del cimitero e della prima bidella delle scuole, mentre per il primo bibliotecario o il primo maestro non c’è stato posto. Il che la dice lunga sulla considerazione della cultura dalle parti dell’ex senatore. Del resto l’assessore alla partita, Francesco Silvestri, di fronte al meraviglioso dipinto di Canaletto, ha saputo dire soltanto una cosa: “Pensate, di recente a un’asta un quadro di Canaletto è stato ‘battuto’ a 13 milioni di euro”. Poi ha buttato lì due frasi sui pittori fiamminghi e italiani, sui colori. Non è obbligatorio essere critici d’arte. Ma arrivare preparati sarebbe stata una buona idea. Giusto per spiegare ai cittadini chi era Canaletto, cos’ha inventato, che tecnica ha utilizzato, in quale periodo storico ha lavorato e cosa significa il dipinto. Peccato, perché ammirare un’opera del genere ad Arconate è cosa che non capiterà più per moltissimi anni. Noi, con l’assessore Luca Monolo, siamo stati decisamente più fortunati: sia nella visita guidata del palazzo settecentesco sia di fronte al Canaletto, proveniente dalla collezione privata di Silvio Berlusconi e raffigurante una veduta di palazzo Ducale a Venezia. All’interno del palazzo c’è la nuova sala consiliare, un piccolo parlamento. Nella stessa stanza un lampadario un po’ pacchiano. Ma è questione di gusti: noi preferiamo il neo-classicismo al barocco. C’è pure la sala giunta, con un grande tavolo e poltroncine che saranno costate una fortuna. Gli assessori devono stare comodi. Battute a parte, la spesa molto alta per il restauro e l’arredamento, almeno in parte, si giustifica: in un edificio d’epoca non si possono mettere mobili dell’Ikea. Insomma, va tutto bene. A stonare, come capita sempre più spesso, sono gli acuti del sindaco. Che con gli insulti e le vessazioni riesce a rovinare anche i momenti più belli.