Mazzette per comprare le sentenze: la Procura Milano mette sotto accusa la giustizia tributaria, un mondo nebuloso dove vige “la regola del silenzio”. Neppure Antonio Di Pietro, dopo Tangentopli, riuscì a scavare dentro questa oscura realtà. Per i Pm Laura Pedio ed Eugenio Fusco, si tratta di “un vasto sistema di corruzione, utilizzato per azzerare complesse indagini della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate”. Con 5.000 euro si annullano controlli milionari
14 MARZO 2016
MILANO – Inchiesta sulla giustizia tributaria, un’altra mazzetta da 60 mila euro e 4 arresti. La procura di Milano scoperchia “un vasto sistema di corruzione che coinvolge giudici tributari, professionisti e altri soggetti disposti a risolvere le proprie vertenze pagando (…) Un sistema che è stato utilizzato per azzerare complesse indagini della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate”. Le tangenti per addomesticare le sentenze venivano recapitate “a giudici compiacenti” attraverso “pacchi natalizi con decine di biglietti da 500 euro”. Così “si sono annullati accertamenti milionari”, scrivono i pubblici ministeri titolari dell’inchiesta ‘Dredd’, Laura Pedio ed Eugenio Fusco.
Il Gip firma 4 nuovi arresti
Destinatari del provvedimento di custodia in carcere, eseguito questa mattina dagli uomini delle Fiamme Gialle, sono stati L.V. (avvocato, professore universitario a Pavia e giudice d’appello della Commissione tributaria regionale della Lombardia, già detenuto a Opera nell’ambito della stessa inchiesta: per lui si tratta del terzo mandato di arresto) e l’imprenditore M.I., residente a Trescore Balneario (Bergamo), amministratore di fatto della Eurocantieri Srl, società attiva nell’edilizia e sottoposta ad accertamenti fiscali, che nel 2013 avrebbe comprato due sentenze favorevoli. Una dalla Commissione tributaria regionale e l’altra dalla Commissione tributaria provinciale, secondo l’accusa con il contributo determinante dei giudici L.P. (commercialista, di Milano) e Gianfranco V.R. (avvocato, anche lui di Milano). Per entrambi la Procura ha chiesto gli arresti domiciliari, “in ragione della loro età, essendo ultra 70enni”. Le richieste degli inquirenti sono state accolte dal Giudice per le indagini preliminari, Manuela Cannavale.
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Indagato ex finanziere
Indagato a piede libero anche un ex finanziere, A.T., che ha rivestito ruoli di comando nella Fiamme Gialle, lavorando presso la tenenza di Castel San Giovanni in provincia di Piacenza, dove vive. Numerosi i contatti tra l’ex Gdf (la cui abitazione è stata perquisita in mattinata) e L.V. Spunta pure una strana mail, con cui A.T. trasmette al giudice tributario alcuni documenti che riguardano la situazione dell’imprenditore M.I. e della Eurocantieri Srl.
“La regola del silenzio”
La Procura mette nero su bianco le enormi difficoltà nel condurre l’indagine, che vede in L.V. un vero ‘dominus’. Quest’ultimo “non ha inteso chiarire alcunché rispetto alle proprie condotte”, come del resto “nessuno (fra indagati e coinvolti) ha inteso fornire un contributo spontaneo, quanto meno in chiave etero accusatorio, che pure ci si poteva attendere da chi esercita funzioni giurisdizionali”. Neppure M.S. (commercialista 70enne di Monza, giudice tributario di primo grado, arrestata lo scorso 28 gennaio e interrogata in carcere) ha fornito elementi utili all’inchiesta. Per i pm Pedio e Fusco, attorno al nebuloso mondo della giustizia tributaria, vige “la regola del silenzio”. Una tesi già proposta da Antonio Di Pietro a metà degli anni ‘90. Il magistrato, dopo ‘Mani pulite’, provò a scavare in questo impenetrabile mondo delle sentenze tributario, ma dovette arrendersi e ritenne anzi di essere stato fermato.
La svolta: parla la segretaria
Ma la svolta nelle indagini è comunque arrivata. Fondamentale la perquisizione dello studio L.V., dove sono stati rinvenuti 4 telefoni cellulari (2 Blackberry e 2 Smartphone), 6 ‘chiavette’ elettroniche, 3 pc portatili e 5 fissi, oltre a vari documenti (fra cui una bozza di sentenza favorevole all’imprenditore M.I.) e agende per gli appuntamenti. Prezioso il contributo della segretaria di L.V. E’ stata lei, testimone oculare e parte attiva nella preparazione delle bustarelle, a fornire alcune importanti conferme e ad aiutare la Guardia di finanza a decifrare la “contabilità riservata”.
La consegna della tangente
Gli inquirenti hanno dunque ricostruito tutto, a cominciare dall’incontro tra L.V. e M.I., quando l’imprenditore consegnò al giudice tributario la somma di 60 mila euro in contanti: “Ricordo – riferisce la segretaria – che M.I. (il giorno 11 dicembre 2013) è venuto in studio da noi (…) con una busta contenente 60 mila euro in contanti e la consegnò a L.V. Quando siamo rimasti soli, io e L.V., quest’ultimo ha aperto la busta in mia presenza e ha contato il denaro. Ricordo che erano tutte banconote da 500 euro”.
La mazzetta nel cesto di Natale
La tangente sarebbe poi stata suddivisa. Lo testimonierebbero alcuni appunti sulla agende e sulle buste, puntualmente interpretati dalla segretaria. Il 18 dicembre 2013 si legge: “-5 (Agostino) = 55”. Secondo i pm Pedio e Fusco, questo “lascia intendere che L.V. abbia effettuato un prelievo di 5 mila euro da destinare verosimilmente all’ex finanziere, ndr)”. Due giorni dopo, il 20 dicembre, un altro prelievo dalla busta, sempre di 5 mila euro. Ricostruisce la segretaria: “L.V. aveva pronto un cesto natalizio da consegnare al dottor L.P. (giudice tributario, ndr). Mi disse che sarebbe andato all’appuntamento per consegnare la busta coi contanti e il cesto”. Il 23 dicembre, infine, è il turno del giudice V.R.: altri 5 mila euro. “Come per L.P. – chiarisce la segretaria – (L.V.) portò un cesto di Natale”.
Le cassette di sicurezza
I rimanenti 45 mila euro vengono depositati in una cassetta di sicurezza presso la Banca Unicredit di piazza San Babila a Milano, dove infatti il denaro viene rinvenuto dalla Guardia di finanza. Assieme a un’altra busta con dentro 1.400 euro. Anche questo denaro proviene, secondo i pm, dall’imprenditore M.I., il quale si sarebbe accordato con L.V. per la consegna (avvenuta solo parzialmente) di ulteriori 5 mila euro in caso di sentenze favorevoli. Circostanze che si sono in effetti verificate, in un caso con qualche difficoltà. Lo scrive lo stesso giudice V.R. in una mail indirizzata a L.V.: “Ho dovuto lottare, o meglio tenere a bada (…) la testardaggine del giudice relatore (Rag. Antonio Rigoldi). Quest’ultimo sosteneva – a ragione – che nel ricorso (della Eurocantieri Srl, ndr) era stata chiesta solo la sospensione della cartella e non il suo annullamento”. Ma alla fine, chiosa il giudice soddisfatto, “ho convinto presidente e relatore ad accogliere il ricorso, anche nel merito”.