La fece costruire il cardinal Montini, per riportare Dio nelle periferie del Milanese, dove gli agglomerati crescevano tumultuosamente e senza regole, sotto la spinta dell’inarrestabile corsa verso il benessere economico. Per la prima volta primo calcestruzzo armato, elementi prefabbricati, ferro e vetro venivano impiegati nell’architettura sacra

30 APRILE 2016

di Maria Teresa Maggiolini

BARANZATE (MILANO) – Ci fu un tempo in cui qualcuno si preoccupava delle periferie e non per esigenze di consenso elettorale o per imporre un’egemonia culturale; vista la statura morale e intellettuale del personaggio nessuno si era permesso. Era l’arcivescovo Montini, futuro Paolo VI. Era il 1957, Milano cresceva tumultuosamente e senza regole, sotto la spinta dell’inarrestabile corsa verso il benessere economico. ‘Là dove c’era l’erba ora c’è una città…’: l’arcivescovo Montini si accorse che le distruzioni della guerra non avevano risparmiato chiese e parrocchie ma soprattutto nei nuovi agglomerati umani (non si poteva chiamarli quartieri) non c’era spazio per le chiese. I preti si arrangiavano e spesso la loro sistemazione non era meglio di quella dei loro nuovi parrocchiani, in periferia s’intende.

Architetti al lavoro

L’arcivescovo lanciò una campagna per le nuove chiese a Milano e dintorni con l’obiettivo ambizioso di conciliare modernità, rigore, austerità e si spese in prima persona per cercare fondi. Montini era un precursore, anche con il suo amore per l’arte moderna e contemporanea. Non era tempo di decorazioni e orpelli. Chiamò i migliori architetti che aderirono e si portarono dietro i loro allievi più promettenti. I loro nomi? Giò Ponti, Gardella, Rossi con le nuove leve che diventeranno capisaldi del Novecento.

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Progetto rivoluzionario

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Interni della ‘chiesa di vetro’ di Baranzate di Bollate

Tra questi i due giovani poco più che trentenni e senza esperienza nell’architettura sacra: Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti, coadiuvati dall’ing. Aldo Favini. Proposero un progetto rivoluzionario, fu accettato. Ne venne fuori uno degli esempi più importanti di architettura ecclesiale moderna, l’interpretazione migliore dello spirito di rinnovamento radicale dell’epoca. Una ‘Chiesa di vetro’ per via delle pareti perimetrali realizzate in vetro traslucido. Eravamo e siamo a Baranzate (ex frazione di Bollate). La nuova chiesa venne consacrata il 7 novembre del 1958 dallo stesso cardinal Montini, che nel suo discorso le attribuì il significato simbolico di rappresentazione della luce divina, tappando la bocca agli ambienti curiali che ne criticavano l’aspetto eccessivamente moderno e privo di richiami alla tradizione.

Arte sacra, povertà, rigore, bellezza

Allora Baranzate era una frazione agricola e la chiesa sorse circondata dai campi; oggi è la casa di Dio in mezzo alle case degli uomini. Oggi è studiata e visitata da turisti e studiosi perché rappresenta il primo esempio di impiego del calcestruzzo armato, di elementi prefabbricati, di ferro e di vetro in architettura sacra; ma Montini ne fu entusiasta: arte sacra, povertà e rigore, bellezza senza inutili sprechi, simbolo della luce che per il credente è Dio stesso.

Il restauro e la riapertura

Ma questa piccola chiesa di vetro opalescente all’esterno, luminosa all’interno, con un breve pendio erboso di fuori circondato da un muro di sassi a vista ancor oggi (o più che mai oggi) emoziona e fa pensare. Non ebbe vita facile: i materiali innovativi si dimostrarono poco durevoli; nel 1979 un ordigno incendiario causò gravi danni; venne riaperta al culto l’anno successivo, restando però in stato di grave degrado. Nel 1994 Mangiarotti e Morassutti proposero un progetto di restauro ma solo nei primi anno 2000, anche a seguito dell’intelligente apposizione di un vincolo da parte della Sovrintendenza, si iniziarono i lavori di rifacimento conclusi alla fine del 2014 in perfetta armonia con il progetto originario. La chiesa di vetro è aperta tutti i giorni, è la parrocchia della cittadina ed è anche un’opera d’arte unica, da vedere, a due passi da casa. Piacerebbe sicuramente a papa Francesco, sensibile ai simboli che ci richiamano alla luce ma anche perché questa chiesa fu dedicata nel 1958 alla Madre della misericordia.