Il magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia spiega agli studenti l’evoluzione della ‘ndrangheta

22 FEBBRAIO 2016

di Erika Innocenti

CASTANO PRIMO (MILANO) – “Che cos’è cambiato dall’operazione Infinito? E’ servita a qualcosa? A distanza di sei anni, dico che nulla è cambiato”. Sono parole dure e disincantate quelle del sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia Alessandra Dolci, pronunciate, sabato 20 febbraio, durante l’ultimo dei tre incontri sulla legalità nell’auditorium della scuola superiore. L’evento è stato organizzato dalla Carovana Antimafia, dall’amministrazione comunale e dalla presidenza dell’istituto Torno di Castano Primo e ha visto la partecipazione di circa 200 studenti.

Il capitale sociale della ‘Ndrangheta

La Dolci prende spunto dall’ultima inchiesta da lei condotta per raccontare i legami e le fitte trame che intercorrono tra imprenditoria lombarda e mafia. E’, infatti, notizia di pochi giorni fa l’arresto di 29 persone accusate di associazione mafiosa della locale di Mariano Comense (Como) condotto dalla Dolci, durante l’operazione denominata Crociata. Il vero problema per il sostituto procuratore è il rapporto ormai inscindibile tra l’imprenditoria del Nord e l’organizzazione mafiosa. “La ‘ndrangheta – racconta Dolci davanti a un’aula stracolma di studenti e cittadini castanesi e non – ormai viene vista come la componente sociale che può risolvere qualsiasi problema. Dalle prime operazioni antimafia della fine degli anni ’80 non è cambiato molto. Continua a non esserci il rispetto delle regole”. E ricorda storie di almeno 30 anni fa, ma che ancora oggi risultano essere attuali. Molto. Anzi, a malincuore, troppo. Nel 1983, l’ex sindaco di Giussano Erminio Barzaghi dichiarò: “Il peggio del Sud si sta legando al peggio del Nord”. Parole forti, che però fanno pensare. Oggi è cambiato qualcosa? No. E basta guardare alle continue notizie che ci giungono: politici corrotti, imprenditori collusi. In molti cercano la mafia per avere una protezione e una sicurezza. Tuona Dolci: “Ancora oggi non c’è il rispetto delle regole. Ricordiamo che non è la mafia che s’infiltra nel territorio lombardo, sono gli imprenditori e i politici, tutti lombardi, che chiedono aiuto alla mafia, che la cercano. C’è una devianza da parte di tutti i settori: corruzione, evasione fiscale, l’idea che è meglio essere furbi. La ‘ndrangheta punta a creare il consenso sociale, che è il vero capitale dell’organizzazione criminale”.

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La sanità, il nuovo business delle cosche

“La sanità per la ‘ndrangheta è il nuovo business, basti tenere conto che l’80 per cento delle spese della Lombardia è destinato a quest’ambito” ricorda il sostituto procuratore Alessandra Dolci. E’ anche e soprattutto in questo settore che la mafia ricercherebbe il proprio consenso e che, quindi, rappresenta la nuova frontiera per la criminalità organizzata. Perché, spiega Dolci, l’organizzazione mafiosa non si limita a prenotare visite in modo celere a coloro che glielo richiedono, ma si adopera per trovare medici compiacenti che possano curare i latitanti e chiede a luminari della psichiatria perizie di ‘favore’.

La mancanza di etica

Perché quindi, la ‘ndrangheta ha trovato in Lombardia terreno fertile per instaurarsi? Per vari e complessi motivi, tra cui, sempre secondo il sostituto procuratore Dolci, la mancanza del senso etico. Non solo tra i politici e gli imprenditori, ma anche tra la gente comune. Perché, si sa, la legalità si inizia a costruire dal basso, da gesti semplici. Citando Giovanni Falcone, “non c’è bisogno dell’impegno straordinario di pochi, ma dell’impegno ordinario di tutti”. Per questo motivo, ancora oggi, dopo 6 anni dai 154 arresti per associazione a delinquere durante l’operazione Infinito, la società lombarda si rivolge ancora alla ‘ndrangheta: c’è una mancanza di etica derivante dalla troppa superficialità e dal poco spirito critico. La soluzione a un quadro così devastante? Dovrebbe arrivare proprio dai giovani, secondo il sostituto procuratore, che chiosa: “I giovani sono il nostro futuro. Imparate, quindi, a essere cittadini liberi attraverso la conoscenza e non sudditi”.