A Turbigo i cittadini vincono la loro battaglia contro l’impianto biogas, a Bernate e Boffalora lite fra sindaci
6 FEBBRAIO 2016
di Francesco Colombo
TURBIGO (MILANO) – Proteste, polemiche, dubbi e misteri: sono 3 i casi più emblematici legati alla costruzione delle centrali a biogas e a biomasse del nostro territorio. A Turbigo, il 30 maggio del 2012 l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Christian Garavaglia (Pdl) consegna nelle mani della società ‘Ely spa’ – leader nel mercato dell’energia elettrica e termica – un parere favorevole alla costruzione di una centrale a biogas in paese. Ma i cittadini sono all’oscuro di tutto, e vengono informati di quello che sta per accadere dalla stampa locale solo il 20 ottobre. Da lì, la situazione degenera: in pochi giorni, la Provincia dà il via libera al progetto e la mattina del 25 ottobre, quando è ancora notte, parte la procedura d’urgenza per la costruzione della centrale. Ruspe e camion occupano il terreno per iniziare i lavori. Ma i turbighesi non ci stanno e, attraverso la costituzione del comitato ‘No alle Bioballe’, coordinato da Davide Gritti, vincono la loro battaglia: dopo mesi di polemiche, di proteste, di presidi e di conferenze, la società rinuncia al progetto il 22 gennaio del 2013. Al confine fra Boffalora e Bernate Ticino, invece, sorge una centrale a biogas. Voluta fortemente dall’amministrazione comunale bernatese, la centrale riversa tutti i suoi effetti negativi (traffico pesante, fumi e inquinamento) sul territorio di Boffalora, mentre i ricavi che derivano dall’attività dell’impianto finiscono tutti dritti nelle casse del comune di Bernate Ticino. I cittadini di Boffalora, furiosi con il sindaco Curzio Trezzani, hanno protestato, ma l’amministrazione comunale ha sempre avuto le mani legate. In ogni caso, l’incidente diplomatico – o meglio, l’agire furbesco della giunta bernatese, guidata da Osvaldo Chiaramonte (Pdl) – ha deteriorato in maniera forse irreversibile i rapporti fra i due comuni. Misteri e dubbi, invece, per la centrale a biogas del bosco della Maddalena, situato fra Arconate e Dairago. Una mattina di marzo, passeggiando per le vie di Arconate col direttore Mattioni, veniamo a conoscenza dell’esistenza della centrale da un cittadino, affezionato lettore di Libera Stampa. Prima di quel momento, nessuno ne aveva mai parlato. Non un comunicato, non un annuncio, non una conferenza, non una protesta. Ma allora, chi ha guadagnato con la costruzione di quella centrale? Quali effetti avrà l’impianto sui cittadini di Arconate e Dairago e, soprattutto, quanto è costata a tutti i contribuenti? Domande che, per ora, non hanno una risposta, e che contribuiscono a mantenere un alone di mistero attorno alla centrale.