Non è ancora finita la storia della truffa (o presunta tale) ai danni dell’ex rettore del Santuario della madonna dei Miracoli, don Mario Motta. A settembre infatti si aprirà il processo di appello all’uomo condannato in primo grado per aver convinto il sacerdote a consegnargli ingenti somme di denaro: il presunto truffatore era stato condannato nel luglio 2015 a 2 anni di carcere (con la condizionale) e al pagamento di una multa
6 AGOSTO 2016
di Attilio Mattioni e Daniele Di Sica
CORBETTA (MILANO) – Non è ancora finita la storia della truffa (o presunta tale) ai danni dell’ex rettore del Santuario della madonna dei Miracoli, don Mario Motta. A settembre infatti si aprirà il processo di appello all’uomo condannato in primo grado per aver convinto il sacerdote a consegnargli ingenti somme di denaro: il presunto truffatore, che viveva a Corbetta ma che subito dopo l’esplosione del caso se ne andò dal paese, era stato condannato nel luglio 2015 a 2 anni di carcere (con la condizionale) e al pagamento di una multa.
Riprende il processo, l’ombra del ricatto
Dopo il deposito delle motivazioni della sentenza, la decisione di presentare ricorso e la conseguente fissazione dell’udienza per il processo d’appello che inizierà dopo le vacanze estive. Il nuovo dibattimento potrebbe finalmente chiarire i tanti punti oscuri che continuano a circondare su questa vicenda. Il primo riguarda il motivo per il quale l’ex rettore avrebbe consegnato così tanto denaro al presunto truffatore. Don Mario non era uno sprovveduto vecchietto facile da abbindolare: il sospetto è che più che di una truffa si fosse trattato di un ricatto ma nessuno ha mai presentato denuncia in tal senso e quindi le indagini non sono mai nemmeno cominciate.
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Giallo sui soldi spariti
La somma consegnata dal sacerdote al presunto truffatore (circa 300.000 euro) è di molto inferiore al denaro scomparso dalle casse del Santuario: in tutto sarebbero svaniti quasi 700.000 euro. Ma allora il resto del denaro che fine ha fatto? Infine molti si sono chiesti come sia stato possibile che don Mario Motta abbia potuto far sparire così tanti soldi senza che nessuno se ne accorgesse. E’ vero che per molti anni l’ex rettore è stato una sorta di ‘padre e padrone’ del Santuario ma è altrettanto vero che intorno a lui gravitava un gruppo di persone, sempre le stesse, che frequentavano la chiesa e il sacerdote con frequenza giornaliera e che a sovrintendere sulle finanze del Santuario c’era il Consiglio per gli affari economici della parrocchia, un consesso composto da 22 persone. Possibile che nessuno non si sia mai reso conto di cosa stava succedendo?
Chi gestisce i soldi? Zero trasparenza
Queste tre domande potrebbero trovare risposta, magari anche solo parziale, durante le udienze del processo d’appello al presunto truffatore che, magari, potrebbe raccontare ai giudici di secondo grado qualcosa che non ha detto al primo processo. Quello che però non può non meravigliare è come nulla sia cambiato dal punto di vista della trasparenza dei conti economici del Santuario. La chiesa riceve diverse decine di migliaia di euro all’anno solo di offerte, senza contare le donazioni e le altre entrate, ma non si capisce né chi gestisca quel denaro né come venga speso. Certo, la Parrocchia non ha l’obbligo di rendere pubblici i propri conti ma, dopo una vicenda così opaca come quella dei soldi spariti dalle casse, sarebbe opportuno rendere partecipi i fedeli di come vengono usate le offerte.