Ivo Colombo, medico di famiglia da 34 anni, racconta i 4 mesi drammatici dell’emergenza sanitaria: “Abbiamo lavorato spesso senza protezioni, senza possibilità di fare diagnosi e senza strumenti. Ci siamo sentiti scollati dal sistema sanitario nazionale”

22 GIUGNO 2020

di Francesca Ceriani

ALTOMILANESE – Ivo Colombo è un medico di famiglia. Vive a Boffalora sopra Ticino (nel Milanese) e qui lavora da 34 anni. Nel 2019 è stato anche candidato sindaco e oggi è capogruppo d’opposizione. In quest’intervista racconta la sua esperienza durante i mesi dell’emergenza Coronavirus.

Dottor Colombo, quali sono stati i problemi principali che ha dovuto affrontare?

“Il vero problema è che noi medici di base ci siamo sentiti soli. Abbiamo affrontato il Covid-19, questa tremendo virus, a mani nude. Spesso senza dispositivi di protezione, senza avere la possibilità di fare diagnosi, senza strumenti diagnostici e senza avere una terapia. Ci siamo sentiti scollati dal sistema sanitario nazionale”.

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Su 1.500 mutuati, quanti pazienti ha assistito per il virus?

“Ho fatto ricoverare un paziente che poi ha avuto delle complicanze, due sono guariti grazie alle cure ospedaliere e poi ho registrato un certo numero di persone probabilmente affette, ma senza sintomi, che ho sottoposto all’isolamento”.

I suoi pazienti avevano paura?

“Sì, soprattutto nella prima fase ne avevano molta. Ho cercato di tranquillizzarli e ho sin da subito preteso che venissero in ambulatorio indossando le mascherine”.

Lei ha avuto paura?

“Paura no, timore sì. Soprattutto di contagiare i miei familiari. Abbiamo preso precauzioni e adottato le distanze di sicurezza anche in casa. Temevo di infettarli, ma per fortuna sono sempre stato bene”.

Vuole rivolgere un pensiero ai tanti medici deceduti a causa del virus?

“Da quelle storie traspare la vera vocazione del medico. Ammiro chi, arrivando anche al sacrificio, non si è tirato indietro di fronte alla malattia per il bene dei propri pazienti, portando avanti la propria missione. Ora il nostro compito è fare il possibile affinché non si verifichi una seconda ondata”.