Crisi politica a Cassinetta di Lugagnano dopo le dimissioni di 3 consiglieri di maggioranza. Durissime accuse al sindaco Domenico Finiguerra: “E’ un uomo solo al comando. Non condivide le decisioni con nessuno. Ora si candida anche al Senato. La nostra esperienza si chiude qui”. Il paese rischia il voto anticipato

di Ersilio Mattioni

CASSINETTA DI LUGAGNANO (MILANO) – I consiglieri di maggioranza Gionata Gibelli, Roberto Pisati, Elena Rubin hanno rassegnato le dimissioni in polemica con il sindaco Domenico Finiguerra. Cassinetta di Lugnagnano – uno dei più piccoli comuni della provincia di Milano con i suoi 1.891 abitanti – rischia così le elezioni anticipate.

Crisi politica

I consiglieri dimissionari hanno inviato alla nostra redazione una lunga lettera. Durissimi i toni nei confronti di Finiguerra, complice la sua recente candidatura per un seggio in Senato alle elezioni del 25 settembre con Unione Popolare con De Magistris: “Con la decisione personale di Domenico Finiguerra di candidarsi al Senato della Repubblica si conclude un capitolo della storia di questa amministrazione, perché la maggioranza che lo ha sostenuto fino a questo momento non sarà più la stessa”, scrivono gli ormai ex consiglieri Gibelli, Pisati e Rubin nella missiva firmata anche da altri tre membri del gruppo: Fabiana Magro, Stefano Adagio e Andrea Frassoni. La crisi politica che seguirà a questa decisione difficilmente si risolverà, se non con le elezioni anticipate.

I precedenti

“Purtroppo – scrivono i dimissionari – ciò che si è verificato è stato un progressivo sbriciolamento di quella identità fondativa del gruppo a favore di defezioni, lacerazioni e dissapori malcelati. A nulla sono valsi gli allontanamenti di attivisti e consiglieri, che si sono sentiti “non graditi”. Nei mesi scorsi infatti Roberto Pisati aveva già lasciato la carica di capogruppo e Fabiana Magro si era dimessa da consigliera delegata. Ma Finiguerra non ha mai mutato il suo atteggiamento, definito dal gruppo “da uomo solo al comando”.

Un sindaco ‘dittatore’

La crisi politica è stata innescata dallo stesso Finiguerra. Prima si è candidato alla Città Metroplitana, ora al Senato. E sempre senza che il gruppo ne fosse informato, se non a cose fatte. La polemica della maggioranza contro un sindaco ‘dittatore’ non poteva che deflagrare. Era solo questione di tempo. “Il sindaco – si legge ancora nella missiva – pubblicizza una serie di azioni e decisioni deliberate in giunta su argomenti importanti e di grande richiamo mediatico a ridosso delle elezioni relative alle sue due candidature, orientando i contenuti delle sue comunicazioni social secondo quanto necessario alla sua personale visibilità”.

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No-vax, no-green pass

Un altra critica rivolta a Finiguerra riguarda l’atteggiamento del sindaco durante il Covid. Dalla “personale battaglia no-green pass” alla malcelata posizione contro l’obbligo vaccinale e in generale contro le limitazioni del Governo per contenere la pandemia. La stesso Finiguerra, interpellato dalla stampa, aveva infine ammesso di non essere vaccinato per un problema di salute. Ma non si è mai capito se fosse favorevole o contrario alle vaccinazioni.

Codice etico

“Sebbene tutto questo – chiariscono i dimissionari – sia avvenuto nella legittimità, è grave che si siano traditi i principi del Codice Etico con la totale assenza di dibattito e confronto con la sua maggioranza, esattamente quella maggioranza composta da persone che sono servite a scrivere i sogni e successivamente a realizzarli”. Molte decisioni “sono state comunicate al gruppo di maggioranza attraverso messaggi WhatsApp, a volte pochi minuti prima della comunicazione pubblica, a volte qualche minuto dopo senza la benché minima condivisione dell’orientamento politico e senza il rispetto del concetto stesso di collettivo”.

Ego smisurato

Insomma, sarebbe l’ego smisurato di Finiguerra il vero responsabile della crisi politica. Il sindaco, in effetti, ha dato l’impressione in tutti questi mesi (vinse le elezioni nell’ottobre 2021 con il 52,27%) di pensare sempre prima a se stesso e alla sua personale carriera politica, poi a Cassinetta di Lugagnano e ai suoi cittadini. Ha tirato troppo la corda, che ora rischia di spezzarsi.