Succede tra Dairago, nel Milanese, e Busto Arsizio: un preside ‘modello’ ha reso la vita dell’ex moglie un inferno: ora la donna, dopo 20 anni, vuole giustizia

6 MARZO 2018

di Lorenzo Rotella

DAIRAGO/BUSTO ARSIZIO (MILANO-VARESE) – “Ho deciso di raccontare tutto, non ce la faccio più”. E’ così che Maria Luisa Sansone, 66enne originaria di Stigliano – in provincia di Matera – e ora residente a Busto Arsizio, ha deciso di narrare la sua storia. Lo fa con sentenze, verbali e querele: “Sono 40 anni di vita che vorrei non aver mai vissuto. Ma non senza farla pagare cara a Oronzo”. Gli ha dato un nome di fantasia per non dire il suo nome a voce alta. Ma l’uomo in questione, G.F., è il suo ex marito. Preside modello di una scuola media e padre di famiglia. Almeno finché la moglie, trascinandolo in Tribunale, non ha cominciato a parlare.

Identikit del preside

“Il mio ex marito – racconta Sansone – si è laureato in Filosofia con una tesi su Giordano Bruno. Ci siamo sposati nel 1978, quando io da 4 anni avevo una cartolibreria. Poi, nel 1987, arrivò la chiamata da Sacconago, a Busto Arsizio: gli offrivano la presidenza dell’istituto primario ‘Galilei’. Lui accettò, ma per trasferirmi vendetti la mia attività per 60 milioni di lire”. Nel 1988, i coniugi vanno ad abitare a Busto Arsizio, mentre la signora s’interessa di un terreno a Dairago, in via Asmara, dove investe denaro per costruire una villetta con giardino, che costerà 240 milioni di lire e sarà pronta nel novembre del 1991.
L’uomo, intanto, gestisce l’istituto in maniera egregia. Secondo la stampa, è il più giovane preside del territorio, e al comando della scuola ci resta fino all’estate del 2016. Ma la moglie, oltre le luci, racconta anche le ombre.

Vita privata e vicende giudiziarie

La donna prosegue: “Mi ha tradito con 3 donne. Una l’abbiamo ospitata in casa nel 2002, cercava un posto a scuola. E inoltre, passava intere notti a scuola con la segretaria”. La versione viene confermata da un bidello dell’istituto di Sacconago, che lavora lì da 26 anni: “Si chiudevano dentro fino a tarda serata, a noi toccava aspettarli per poter chiudere i cancelli”. In casa, intanto, comincia l’incubo: “Tra marzo e luglio del 2003, mi picchia diverse volte e davanti ai figli. In ospedale, una volta, mi hanno dato 10 giorni di prognosi”. Poi, G.F. tenta la fuga con l’amante l’1 agosto 2003. Ma le cose vanno male: lei è sposata e ritorna dal marito. Lui, il 6 giugno 2004, davanti al cimitero di Sacconago, tenta il suicidio, fallendo. Alla psichiatra che lo ha in cura dichiara che vuole vivere a Dairago. Lui ritorna violento, Sansone perde 20 chili in un mese e cade in depressione. Ma non finisce qui: “A luglio scopro che mi tradisce con un’altra donna. Però, nel frattempo, pretende da me rapporti sessuali. Io mi nego, lui mi picchia, due volte davanti ai figli”. In tutto questo, G.F. insiste nel chiedere prima la separazione, poi il divorzio. Ma Sansone, per mantenere unita la famiglia, non vuole. Alla fine deve cedere. Nel 2005 si separano, nel 2013 divorziano. Inizia così battaglia legale: Sansone comincia a chiedere gli alimenti e, ogni tanto, l’uomo non eroga quanto dovuto. Nel 2006 Sansone querela l’ex marito per le violenze, ma all’epoca la legge prevedeva che per il reato penale 572 – ovvero ‘maltrattamenti’ – la prescrizione avvenisse dopo 5 anni dal fatto. E la prima udienza si svolge il 3 novembre 2011. Il reato, dunque, decade. Ma altre cause sono ancora in corso. Come quella per la casa in via Asmara.

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Il caso della villetta di Dairago

Il 23 giugno 2016 la Corte di Appello si pronuncia in una curiosa sentenza: essendo entrambi i coniugi proprietari della dimora, si procede all’uso turnario dell’immobile per 6 mesi ciascuno. Sansone deve anche risarcire le spese legali dell’ex marito per 4.100 euro, per via del ricorso. Una nuova udienza sul caso è fissata a novembre, per decidere se l’immobile sarà messo all’asta o assegnato definitivamente a uno dei due.

Le conclusioni

Sansone, dal canto suo, chiede giustizia dopo anni di angherie: “Lui è un mostro. Non sopporto che la legge lo faccia vivere nella mia stessa casa. E soprattutto, che per le violenze subite sia andato tutto in prescrizione. Sarebbe questa la legge italiana che dobbiamo rispettare?” Alla domanda, in un certo senso, risponde il legale di G.F.: “Ci sono state molte sentenze, alcune a ragione e altre a torto del mio cliente, ma vanno rispettate. E la signora deve rispettarle, non ha scelta”. In questa increbile vicenda giudiziaria e familiare, insomma, i fattori decisivi sono due: legge e burocrazia.