Dalla corsa del 1970 ai carri allegorici fino all’epilogo nel 2017: storia e immagini del Palio delle Contrade di Arluno, nel Milanese. Le voci dei capicontrada: così è cambiata la società.
20 SETTEMBRE 2020
ARLUNO (MILANO) – Nasceva il 20 settembre 1970 e oggi, 20 settembre 2020, avrebbe compiuto 50 anni. Parliamo del Palio delle Contrade arlunesi. Quando chiediamo agli ultimi capicontrada perché il Palio si sia fermato alla 46esima edizione nel 2016, ci descrivono alcuni cambiamenti che hanno investito la società. Da queste osservazioni dovranno partire coloro che vorranno, un giorno, tornare ad assegnare lo storico Gonfalone.
C’era una volta il Palio
“E’ importante che il desiderio di vita di una comunità si trasfiguri in qualcosa di visibile e continuo nel tempo“: con questa frase Franco Pastori, sindaco di Arluno a metà anni ’90, celebrò il 25° anniversario del Palio. Probabilmente da questo medesimo sentimento nacque la manifestazione, mezzo secolo fa, sotto gli occhi del primo cittadino Antonio Lonati. Organizzato rigorosamente la terza domenica di settembre, il Palio prese il via nel 1970 come gara podistica. Col passare delle edizioni, le contrade (Baia, Beacqua, Brera, Certosa, Mulino, Rogorotto e Sant’Ambrogio) iniziarono a sfidarsi anche in altri modi. Per esempio, con una scenografica sfilata di carri allegorici. Una parata capace di attirare centinaia di spettatori, provenienti perfino da fuori paese.
Sostieni la Libera Informazione
Sul nostro giornale on line trovi l’informazione libera e coraggiosa, perché noi non abbiamo padroni e non riceviamo finanziamenti pubblici. Da sempre, viviamo soltanto grazie ai nostri lettori e ai nostri inserzionisti. Noi vi offriamo un’informazione libera e gratuita. Voi, se potete, dateci un piccolo aiuto.

Bandiera bianca
Negli anni Duemiladieci il rapporto tra Palio e cittadini si incrinò. Troppo complessa l’organizzazione, troppo pochi i volontari. Nel 2017 il sindaco Moreno Agolli ne decretò la fine, dopo una desolante assemblea con i capicontrada. In quell’ultimo disperato tentativo di rinascita, i rappresentanti delle contrade alzarono bandiera bianca: “Siamo stanchi di doverci sobbarcare l’intero allestimento, pur amando i nostri colori. Purtroppo tra la costruzione dei carri, la gestione della staffetta e la progettazione della manifestazione, il lavoro è tanto“. Agolli, a fine riunione, confessò: “Mi lascia molta tristezza pensare al mancato svolgimento del Palio. Ho una profonda sensazione che questa tradizione non tornerà“.
L’ultima speranza
Lo stop del 2017 fu ribadito, in via indiretta, nel 2019 in occasione delle elezioni comunali. Infatti solo i candidati sindaco sconfitti (Luigi Alfieri, Alfio Colombo e Andrea Tosone) inserirono nei rispettivi programmi elettorali il recupero del Palio o, quantomeno, della staffetta. A vincere fu però di nuovo Agolli, che, coerentemente con la decisione assunta 2 anni prima, non lo collocò tra gli eventi in calendario. Dal 2018 il Festival Aliluna ne ha preso il testimone.

I mutamenti della società
Senza toni nostalgici, ma con lucidità, alcuni dei contradaioli più attivi ci hanno raccontato, a 50 anni dalla prima edizione, certi cambiamenti della società. Sono stati questi, a detta loro, i motivi principali che hanno messo fine al Palio: “Una volta i signori della contrada lavoravano ad Arluno. Finivano alle 17 e alle 17.15 li trovavi a costruire il carro. Oggi la gente è impiegata fuori paese, rincasa alle 19.30 e va in pensione più tardi. E poi: dove trovi chi ancora cuce a mano i vestiti? Inoltre è venuta meno parte del tessuto aziendale arlunese. Ciò ha determinato minori investimenti sulle manifestazioni locali“.
Idee per una nuova formula
Alcuni dei capicontrada avanzano dei suggerimenti per rimettersi in marcia: “Negli ultimi anni Arluno è cresciuta dal punto di vista demografico. I nuovi abitanti si sono insediati oltre i confini delle contrade. Si dovrebbero quindi ridisegnare. Forse abbiamo alzato troppo il livello qualitativo e quantitativo delle ultime edizioni. Questo ha intimorito chi è venuto dopo. Ripartire dalla semplice corsa, in un’epoca in cui il ‘running’ è di moda, non sarebbe un passo indietro, ma un tornare a correre insieme“.