Dolore e commozione a Turbigo, nel Milanese, durante il rito funebre di Haris Yousaf, il bimbo di 8 anni morto annegato nel Naviglio Grande, dopo essere caduto in acqua con la sua bici in un punto incredibilmente privo di barriere protettive. Aperta un’inchiesta per omicidio colposo
3 NOVEMBRE 2017
TURBIGO (MILANO) – “Un bambino non ha religione”. All’insegna di queste parole, pronunciate da uno dei pakistani presenti e amico della famiglia Yousaf, è stato dato l’ultimo saluto al piccolo Haris, annegato a soli 8 anni, una settimana fa, nel Naviglio Grande di Turbigo, nel Milanese. Fuori dal cimitero si sono radunati due gruppi distinti, uno islamico e uno cristiano, per celebrare ognuno il rito secondo le proprie preghiere, ma davanti alla piccola bara bianca, arrivata proprio mentre le campane della chiesa rintoccavano il mezzodì, non c’è stata nessuna divisione. Il papà Mohammed ha portato in spalla il feretro insieme ai parenti più stretti per l’ultimo saluto nella terra dove il piccolo è nato e cresciuto. Presenti il sindaco, con una rappresentanza del comitato genitori dell’istituto comprensivo e altri cittadini, che hanno posato dei fiori sulla piccola bara. “Non è possibile che un bambino muoia così, perché non c’erano protezioni – ha dichiarato a gran voce davanti a tutti il portavoce della comunità islamica locale che ha organizzato il rito funebre – e che a noi tocchi compiangerlo all’aria aperta in mezzo a un bosco, perché non ci è mai stata data un luogo di culto adeguato. Forse questo è il messaggio di Haris, che tutto questo cambi”. Il piccolo è ora in Pakistan, dove verrà seppellito alla presenza del papà e della mamma. Intanto la Procura di Busto Arsizio ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo: i magistrati vogliono capire il perché della mancanza di barriere protettive lungo l’alzaia, peraltro in un punto molto pericoloso.