Sul palco del Gay Pride di Milano parla Uyi, un giovane nigeriano, rifugiato politico in Italia in attesa di documenti per il riconoscimento di asilo per motivi umanitari. Sabato 25 giugno ha marciato al fianco dell’associazione di Magenta ‘Le rose di Gertrude’, che da anni si occupa di combattere tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle relative all’orientamento sessuale. Uyi è omosessuale e se dovesse rientrare nel suo paese d’origine, rischierebbe 14 anni di carcere

30 GIUGNO 2016

di Sara Riboldi

MILANO – Lui è Uyi A. Ha 28 anni. È un giovane gay nigeriano, rifugiato. È in attesa di documenti per il riconoscimento di asilo per motivi umanitari. E sabato 25 giugno ha marciato il suo primo Pride a Milano, al fianco dell’associazione di Magenta ‘Le rose di Gertrude’, che da anni si occupa di combattere tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle relative all’orientamento sessuale. Se dovesse rientrare nel suo paese rischierebbe l’arresto o la morte.

La legge anti gay della Nigeria

Già, perché in Nigeria vige un’omofobia diffusa e le relazioni omosessuali sono considerate illegali e di conseguenza reato. Le unioni tra persone dello stesso sesso in Nigeria sono vietate e punibili dai 4 fino a 14 anni di carcere. Non solo. Non si può rendere pubblica una relazione tra persone dello stesso sesso né sponsorizzare o essere attivi in qualsiasi tipo di organizzazione gay. Lo ha stabilito una legge firmata nel 2014 dall’allora presidente Goodluck Jonathan. Nonostante le pressioni per l’abrogazione, la legge è rimasta in vigore anche con il nuovo presidente, Muhammadu Buhari. In alcune zone è anche consentita la morte per lapidazione. La colpa? Essere omosessuali. Già. Perché avere un rapporto con una donna o un uomo dello stesso sesso va, secondo le convinzioni nigeriane, contro l’ordine naturale delle cose. Negli ultimi anni la Nigeria è stata ampiamente criticata dalle Nazioni Unite e dalle organizzazioni umanitarie per aver violato i diritti delle persone omosessuali.

Sostieni la Libera Informazione


Sul nostro giornale on line trovi l’informazione libera e coraggiosa, perché noi non abbiamo padroni e non riceviamo finanziamenti pubblici. Da sempre, viviamo soltanto grazie ai nostri lettori e ai nostri inserzionisti. Noi vi offriamo un’informazione libera e gratuita. Voi, se potete, dateci un piccolo aiuto.

Sul palco del Pride di Milano a leggere la Costituzione

Ora Uyi si trova in Italia. Ma se dovesse tornare in Nigeria potrebbe essere perseguibile per legge. Al momento è aiutato e supportato dall’associazione di Magenta ‘Le rose di Gertrude’ per riuscire ad avere tutti i documenti che gli servono per rimanere in Italia. Ed è salito sul palco del Pride insieme al presidente dell’associazione, Sergio Prato: “Quest’ anno il nostro gruppo ha visto diversi partecipanti anche extracomunitari”, commenta Sergio Prato. “È  stata una forte emozione  per tutti vedere a fianco a  noi Uyi. Con coraggio, ha portato con noi lo striscione dell’ associazione ‘Rose di Gertrude’. Poi, con emozione, ho preso per mano Uyi e l’ho portato sul palco del Pride, dove davanti a 200 mila persone ha  letto gli articoli 3 e 10 della nostra Costituzione. Un breve percorso di strada mano nella mano per scambiare affetto e stima. Una sensazione bellissima. Lui come tanti altri  nel suo paese di origine (come  in altri Stati) si rischia ancora il carcere e la pena di morte. Noi lo stiamo aiutando per richiedere asilo per motivi umanitari. Con tanta calma a suo modo ha cambiato parte della sua vita e del nostro mondo. Lo sentivo aggrappato durante il percorso che ci conduceva al palco. Come un guerriero coraggioso si è presentato davanti a noi tutti.  Grazie per questo coraggio e perdona le nostre numerose lacune e chiusure. Noi saremo con te!”.

Una marcia per l’uguaglianza e contro la discriminazione

“Sono passati 40 anni dal quel famoso 27 giugno 1969 dove spontaneamente, incitati dalla transessuale Sylvia Rivera, lesbiche, Gay,Bisessuali,Transgender, Queer, Intersex, Assessuati (LGBTQIA) stanchi dagli abusi della polizia sono scesi in strada e hanno dato vita alla Parata dell’ Orgoglio (la giusta traduzione in italiano sarebbe la parata della fierezza) – commenta Prato – Dopo la prima legge in Italia, ancora lontana dai diritti di molti paesi non solo Europei, sulle unioni civili e la recente sentenza della cassazione che da il via libera  sull’adozione dei figli del o della partner nelle coppie dello stesso sesso, siamo ritornati nelle strade e nelle piazze di Milano col cuore gonfio di tristezza dopo i recenti e orribili fatti di Orlando e gli esempi di tante violenze come quella subita dalla comunità LGBTQIA della Turchia. Negli ultimi anni nel documento politico di rivendicazione sono entrati anche quei diritti per tutte quelle minoranze in difficoltà. Si sta riscoprendo una Milano ricca e multi etnica ma anche un paese in difficoltà per molte chiusure, con lacune di legge anche perché alcuni partiti o movimenti mettono paura e non vedono la differenza come un valore ma come un problema. Così pure si rivendica il diritto di uguaglianza. Ancora oggi troppi femminicidi, con lo specchio di una società maschilista e sessista. La scarsa informazione la paura di insegnare la convivenza pacifica che accoglie e non respinge. La nostra associazione, ‘ Rose di Gertrude’ di Magenta anche per quest’anno – assieme ai movimenti, gruppi, associazioni, collettivi che danno vita al Coordinamento Arcobaleno di Milano e Provincia – ha sostenuto e promosso la parata del Milano Pride. Abbiamo tradotto in realtà nella storia di Uyi lo slogan coniato per questa edizione del Milano Pride: #nessunaesclusione!”. Veramente tante le persone  amiche, i cittadini,  i rappresentanti dell’ amministrazione locale di Magenta al nostro fianco. Per molti è stato il Primo Pride, che come tutte le prime volte non si scorderà mai!  Al nostro fianco quindi, per sostenere  le cause della comunità LGBTQIA , delle donne, dei Rifugiati per  uno Stato Laico, civile, rispettoso, inclusivo”. Fa riflettere la storia di Uyi. E non solo per quello che rischierebbe se tornasse in Nigeria. Fa riflettere anche perché la sua vicenda è emblema di tutti quei diritti che ancora spesso sono calpestati da una società retrograda e dove la chiesa spesso ci ha messo lo zampino, impedendo quell’uguaglianza che forse sarebbe quella più adatta allo spirito del Vangelo. Ma senza scomodare la religione, tutti dovrebbero ricordarsi l’articolo 3 della Costituzione italiana: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.