I Carabinieri gli trovarono più di 2.700 grammi di coca e una pistola illegalmente detenuta in un locale di Villa Cortese. Il cittadino bustese (69 anni) primò patteggiò e poi fece ricorso in Cassazione, ma inutilmente
16 MARZO 2020
BUSTO GAROLFO-VILLA CORTESE (MILANO) – R.S., un cittadino di Busto Garolfo che il prossimo 24 settembre compirà 69 anni, è stato condannato in via definitiva alla pena di 5 anni di reclusione e 24.000 euro di multa per i reati di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti e inoltre per detenzione illegale di armi.
L’arresto del cittadino bustese
Al termine di una perquisizione delle forze dell’ordine a Villa Cortese, comune confinante, avvenuta il 28 novembre del 2018, è risultato che l’uomo fosse in possesso di 2.771,424 grammi di cocaina cloridrato (che si consuma tramite la preparazione ‘freebase’, ossia in soluzione con acqua e ammoniaca, oppure ‘crack’, ossia una miscela di stupefacente e una base come il bicarbonato di sodio) e una pistola ‘Manurhin’ modello PP, calibro 7,65 e matricola 45158. In seguito a questi ritrovamenti, R.S. è stato arrestato e in seguito giudicato colpevole dal Tribunale di Busto Arsizio: il Gip, l’11 luglio del 2019, pronunciò la sentenza su richiesta di patteggiamento da parte dello stesso imputato.
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Il ricorso
Ma è contro tale verdetto che R.S., nei mesi scorsi, ha deciso di opporre resistenza. Tramite il proprio avvocato, il 69 ha proposto il ricorso in Cassazione, chiedendo l’annullamento della condanna per mancanza e manifesta illogicità della motivazione circa l’assenza di condizioni per il proscioglimento.
La motivazione della Cassazione
La risposta degli Ermellini, però, non si è fatta attendere: “Il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”. Tuttavia, dato che si tratta di una sentenza dovuta a una richiesta di patteggiamento, tale pena risulta sufficientemente motivata. Inoltre, prosegue la Cassazione, “il ricorrente si limita a lamentarsi in modo generico della sentenza impugnata e che ciò dà luogo a una causa di inammissibilità”. Il ricorso, pertanto, viene rigettato.
Spese processuali
Oltre a confermare in via definitiva la sentenza di 5 anni di prigione e 24.000 euro di multe, “segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di euro 4.000”.