La curiosa vicenda accade a Buscate, nel Milanese. Un 44enne ucraino viene beccato con 20 prosciutti in auto e vive un lungo calvario giudiziario: condannato dopo 6 anni di rimpalli tra tribunali

1 LUGLIO 2019

di Alessandro Boldrini

BUSCATE (MILANO) – Viene beccato con 20 prosciutti in auto e viene denunciato. E poi viene anche condannato in primo grado, ma non subito. Dopo oltre sei anni. Ha dell’incredibile la vicenda giudiziaria di M.B., 44enne originario dell’Ucraina, fermato dalle Forze dell’ordine a Buscate, nel Milanese, il 3 maggio 2013 mentre trasporta 300 chili di carne di maiale in cattivo stato di conservazione.

La scoperta e la denuncia

L’uomo, infatti, ha – nel bagagliaio della sua Fiat Punto – ben 20 cosce di suino ammassate l’una sull’altra, in violazione delle norme di sicurezza e d’igiene alimentare (legge 283 del 1962). Il 44enne viene quindi deferito all’Autorità giudiziaria per detenzione di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, poiché “le cosce di suino – scrivono i giudici –, pur essendo di buon aspetto, erano state tuttavia trasportate su un veicolo non idoneo, in precarie condizioni di igiene e senza alcun sistema di refrigerazione, non essendovi poi alcuna garanzia di tracciabilità dei prodotti”.

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La tesi difensiva e la condanna

Prodotti che, secondo la tesi difensiva dell’uomo, non sono destinati alla vendita, bensì al consumo personale. Ipotesi che, tuttavia, non convince i giudici, i quali parlano di censure difensive “formulate in termini meramente assertivi” e che si scontrano con le deposizioni dei testimoni portati in aula dal pm, ossia tecnici esperti in materia d’igiene alimentare. Per questi fatti il 2 maggio del 2018 M.B. viene quindi condannato a una sanzione di 1.000 euro dal Tribunale di Busto Arsizio. Ma ecco che, a questo punto, per l’uomo comincia un vero e proprio calvario giudiziario, fatto di continui rimpalli di responsabilità tra una corte e l’altra.

Il calvario giudiziario

Il 44enne ucraino, tramite il suo avvocato, decide infatti di presentare un ricorso in Cassazione contro la sentenza di condanna, affermando che il suo procedimento si sarebbe dovuto svolgere presso il Tribunale di Milano e non a Busto. Il motivo? Perché l’ipotesi di reato contestata risale a un’epoca antecedente al 13 settembre 2013, data in cui è diventata effettiva la riforma degli uffici giudiziari, che ha spostato Buscate sotto la competenza della Procura bustocca e non più di quella milanese nella sezione distaccata presso il Tribunale di Legnano (oggi soppressa).

Prosciutti pagati a caro prezzo

Eccezione che pare aver convinto perfino il sostituto pg della Suprema Corte, Luigi Cuomo, il quale ad inizio anno ha chiesto l’accoglimento del ricorso e l’annullamento senza rinvio della sentenza, con trasmissione degli atti a Milano; ma non gli ermellini, che invece hanno dichiarato inammissibile il ricorso di M.B. e l’hanno condannato anche al pagamento delle spese processuali e di 2.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Insomma, 20 prosciutti pagati a caro prezzo.