Le accuse sono, a vario titolo, traffico di stupefacenti, possesso di armi e intestazione fittizia di beni. Francesco ‘Ciccio’ Musitano di Bareggio è stato condannato a 6 anni. Pene anche per i ‘suoi’ uomini. Gli avvocati difensori, ora, preparano l’appello: l’inchiesta continua
17 APRILE 2016
di Ersilio Mattioni e Erika Innocenti
ALTOMILANESE – Il processo a Francesco ‘Ciccio’ Musitano e alle altre 7 persone, tutte residenti nei paesi dell’Altomilanese e accusate a vario titolo di spaccio di droga, armi e intestazione fittizia di beni, si è concluso con una serie di condanne.
La decisione dei giudici
Il Giudice Donatella Banci Buonamici, dopo 4 ore di camera di consiglio, ha letto la sentenza di primo grado. A ‘Ciccio’ Musitano, figlio del ‘boss’ Bruno Musitano originario di Platì e di quella che i magistrati definiscono “una famiglia mafiosa dominante in Bareggio e nei comuni limitrofi”, va la condanna più alta: 6 anni. 5 anni per Salvatore Santise (53enne di Bareggio e considerato il ‘cavallino’ di Musitano), sia per Stefano Caldiroli di Santo Stefano. Il figlio di Salvatore, il giovane Alessio Santise (domiciliato a Casorezzo) ha ricevuto una pena di 2 anni e 8 mesi. Invece, il magentino Alfredo Stallone è stato condannato a 2 anni e 6 mesi, come anche Filippo Modica, anch’egli di Magenta. Il 26enne Nicolas Riccobono di Marcallo ha ricevuto 2 anni e 2 mesi. Meno il suo coetaneo di Magenta Kevin Oldani, condannato a 2 anni. Tutti i condannati ricorreranno in Appello, dove che saranno rese note le motivazioni della sentenza, fra 90 giorni.
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L’inchiesta
In attesa delle motivazioni, ci si chiede il perché di condanne così differenziate, ma la magistratura potrebbe aver tenuto conto dei diversi ruoli che gli imputati avevano nel giro dello spaccio di droga. Del resto, nelle carte dell’inchiesta gli stessi Pubblici ministeri avevano formulato richieste di misure cautelari differenti, distinguendo fra chi dovesse rimanere in carcere e chi dovesse aspettare il processo ai domiciliari. Caso esemplare quello di Salvatore Santise e del figlio Alessio (ai domiciliari a Casorezzo). Infatti Alessio non solo era incensurato ma, secondo gli inquirenti, avrebbe pure ricevuto un’educazione volta alla criminalità imposta dal padre, alla quale il giovane avrebbe pure cercato di ‘ribellarsi’. Si legge nell’ordinanza: “Si richiamano le numerose testimonianze intercettate tra i Santise, nel corso delle quali l’unica preoccupazione del padre Salvatore è quella di riscuotere il denaro che il figlio Alessio doveva riscuotere presso i diversi clienti, e questo a un certo punto si ribella ‘tu sempre e solo di soldi mi parli’”. Da qui la conclusione degli inquirenti: “Vista la sua giovane età (di Alessio Santise, ndr) – continua l’ordinanza -, la sua totale incensuratezza e al fatto che verosimilmente sia stato ‘educato’ in questo senso dal padre, appare adeguata e proporzionata al fatto la misura cautelare meno afflittiva degli arresti domiciliari”.
La ricostruzione dei fatti
Tutto era partito da un maxi blitz della Guardia di finanza di Milano avvenuto a luglio 2015 e aveva portato alla luce un’organizzazione criminosa, dedita soprattutto allo spaccio, radicata su tutto il nostro territorio. Allora in carcere erano finiti ‘Ciccio’ Musitano, Salvatore Santise, Caldiroli, Modica, Stallone, e il 26enne Oldani. Gli altri 2 (Alessio Santise e Riccobono) erano subito stati messi ai domiciliari. Preziosa, per individuare i capi dell’organizzazione, la testimonianza di un collaboratore di giustizia (il cui nome, per ovvi motivi, non possiamo rendere noto). Sarebbe stato lui a descrivere il traffico di droga in cui “era coinvolto Stefano Caldiroli, unitamente a soggetti che il dichiarante – si legge sempre nell’ordinanza – non conosceva ma che possono essere identificate in Francesco Musitano e, verosimilmente, anche Filippo Modica che spesso si accompagnava al primo e che manteneva con lo stesso ampi e frequenti contatti telefonici”. In questo quadro già inquietante si inserisce un elemento in più: l’attività di estorsione del gruppo criminoso. Da settembre, poi, tutti sono già ai domiciliari anche se, a marzo, il ‘cavallino’ Salvatore Santise è stato pizzicato dai carabinieri di Bareggio fuori dalla sua abitazione di cascina Figina. Processato per direttissima è stato poi rimesso ai domiciliari. Ora la condanna di primo grado è stata formulata per tutti e con pene di certo non leggere. L’inchiesta mafia-droga, intanto, prosegue.