Linea dura dei giudici del Riesame, l’avvocato difensore del dipendente comunale di Castano Primo, Pasquale Buffardi, valuta il ricorso in Cassazione

di Francesco Colombo

CASTANO PRIMO (MILANO) – Deve restare in carcere Pasquale Buffardi. Il 65enne politico e dipendente del comune di Castano Primo era stato arrestato venerdì 30 aprile per pornografia minorile, adescamento di minori e detenzione di materiale pedopornografico.

Il Tribunale: “Buffardi resta in carcere”

Lo hanno stabilito i giudici del Tribunale del Riesame, ai quali l’avvocato difensore di Buffardi, Carlo Soldani, aveva presentato istanza per la concessione degli arresti domiciliari. Istanza negata: secondo i giudici del Riesame, sussiste ancora il serio rischio che il 65enne castanese, una volta a casa, possa reiterare il reato. Raggiunto telefonicamente, l’avvocato Soldani ha dichiarato: “Apprendo da voi della notizia e ne prendo atto. Non mi hanno ancora notificato nulla. Leggeremo le motivazioni e poi valuteremo se fare ricorso in Cassazione”.

Spuntano nuovi casi

Ma c’è un’altra novità. In un recentissimo sviluppo dell’inchiesta, forse a seguito dell’analisi dei dispositivi tecnologici, sarebbero spuntati altri 4 casi simili a quelli che vengono contestati a Buffardi. Il legale difensore “non è a conoscenza di ulteriori contestazioni”. Se la circostanza fosse confermata, la posizione del dipendente comunale castanese diventerebbe ancora più compromessa.

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Le accuse

In ogni caso, le accuse mosse dal pubblico ministero Alessia Menegazzo sono già molto pesanti. La Procura contesta a Buffardi di aver tentato di adescare una 11enne del sud Italia e di aver ricevuto da una 16enne “alcune immagini e video che la ritraevano in pose erotizzate, nonché nel compimento di atti di auto-masturbazione”. Inoltre sul suo pc erano stati trovati 1.739 foto e 256 video pedopornografici. Proprio per la particolare gravità e natura delle ipotesi di reato formulate, lo stesso Gip che convalidò l’arresto, Angela Minerva, riteneva fondato il pericolo che Buffardi potesse reiterare il reato, se lasciato ai domiciliari.

“Stanco e provato” dal carcere

Chi lo ha visto a San Vittore lo descrive “stanco” e “provato”, psicologicamente devastato da un’inchiesta che lo ha travolto e lo ha messo dietro le sbarre. Ma il punto vero è un altro: se in questo momento Buffardi dovesse incontrare altri detenuti, la sua incolumità sarebbe in serio pericolo, in quanto la pedofilia rientra in quel gruppo di reati che – secondo il codice d’onore proprio della prigione – non possono mai essere tollerati.

In isolamento

Ecco perché l’uomo continua a rimanere in isolamento, nel tentativo di limitare il più possibile le interazioni all’interno del carcere. Anche la famiglia del 65enne non sta vivendo momenti facili: sembra, infatti, che i familiari di Buffardi fossero praticamente all’oscuro dei comportamenti del padre, e che abbiano vissuto lo scandalo come un grande choc. Ora si attende che la Procura eserciti l’azione penale, per chiedere il rinvio a giudizio. Poi, con tutta probabilità, si aprirà il processo, nel quale si potrà conoscere fino in fondo la verità sull’inchiesta.