Già condannato a 26 anni di carcere per omicidio e ad altri 2 per l’evasione con sparatoria durante un trasporto al tribunale di Gallarate, il 37enne di Inveruno, nel Milanese, si ritrova ora con un nuovo capo di imputazione: avrebbe indotto un testimone a dire il falso al processo. Il suo avvocato: “Suggestioni, siamo all’accanimento”

25 MARZO 2017

di Francesco Colombo

INVERUNO (MILANO) – Un nuovo fronte giudiziario preoccupa Domenico ‘Mimmo’ Cutrì, già condannato a 26 anni di carcere per l’omicidio del giovane polacco di Trecate nell’estate del 2006 e ad altri due anni per l’evasione davanti al Tribunale di Gallarate il 3 febbraio del 2014.

La nuova accusa

Il processo che lo vede attualmente coinvolto riguarda una presunta falsa testimonianza di una testimone al processo per l’omicidio di Trecate in Corte d’Assise d’Appello. Secondo la tesi della Procura, Cutrì avrebbe adottato un comportamento tale – durante il corso di quel procedimento – da indurre la testimone a rendere una testimonianza non corrispondente al vero, o comunque ‘orientata’. Per questo, il Pubblico Ministero ha chiesto 5 anni di reclusione.

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“Siamo all’accanimento”

Secondo la tesi della difesa, invece, le accuse del Pm sono “solo suggestioni”. A difendere Cutrì in aula, a Torino, è l’avvocato Roberto Grittini di Abbiategrasso, storico legale di Mimmo: è proprio grazie alla sua strategia che la Corte di Cassazione, dopo la sua confessione rispetto all’omicidio del polacco di Trecate, riformulò la pena e trasformò l’ergastolo precedentemente inflitto in una condanna a 26 anni di reclusione. “Questo processo – dichiara Grittini – è un’ulteriore riprova dell’accanimento nei confronti di Cutrì. Chiediamo la piena assoluzione”.

La tesi difensiva

Del resto, la strategia difensiva di Mimmo, in questi anni, ha posto al centro il suo percorso di ‘riabilitazione morale’, di riconoscimento degli errori commessi e del tentativo di ricostruirsi una nuova vita. “Mimmo è una persona diversa – aveva detto già diversi mesi fa l’avvocato Grittini – ha cambiato atteggiamento nei confronti di giudici e magistrati e ha capito i suoi errori”. Ora questo fronte giudiziario potrebbe complicare i piani di Domenico e della sua difesa, che puntavano – grazie alla buona condotta tenuta nel carcere di Opera e al suo percorso di pentimento – alla richiesta dei primi permessi concessi per leggi tra 7 o 8 anni. Sarà dunque il Tribunale di Torino a decidere della sorte di Mimmo: la sentenza è prevista per metà aprile, salvo ulteriori rinvii della Corte.