Dopo le polemiche sulla scuola media Carducci, dove un’alunna disabile è stata discriminata al punto che le sue compagne non la volevano in gita, la parola passa ai genitori degli studenti ‘normali’. Che difendono i propri figli e passano al contrattacco: “I nostri ragazzi non sono dei bulli. Sarebbe stata necessaria maggior collaborazione da parte dei genitori della bambina”
20 APRILE 2016
LEGNANO (MILANO) – Pubblichiamo integralmente la lettera, anonima e inviata tramite avvocato, di uno dei genitori degli studenti della scuola media Carducci, accusati di aver discriminato una compagna autistica, al punto da non voler dormire con lei durante la gita (sospesa dopo la decisione del ministero dell’Istruzione di compiere un’ispezione alla scuola) in Austria. I genitori degli alunni ‘normali’ difendono i propri figli e passano anzi al contrattacco, accusano la famiglia dalla 13enne disabile di non aver accettato una soluzione che avrebbe messo tutti d’accordo: la ragazzina, in gita, avrebbe dovuto dormire in una stanza con un insegnante di sostegno. Che questa soluzione avrebbe messo tutti d’accordo, per la verità, è da discutere. Pur comprendendo il punto di vista delle famiglie, ci sorge un dubbio: sicuri ce la soluzione proposta non avrebbe isolato la ragazzina 13enne dalle sue compagne e non l’avrebbe fatta sentire, un’altra volta, anormale?
LA LETTERA DEI GENITORI DEGLI STUDENTI SOTTO ACCUSA
“Buongiorno, scrivo la seguente lettera a nome di tutti i genitori della classe III** a seguito dei recenti articoli pubblicati per contestarne integralmente i contenuti e fare alcune dovute precisazioni. I pochi punti veri degli articoli sono le notizie di base, ovvero ci sarà una gita dove TUTTI i ragazzi sono stati invitati a partecipare. È anche vero che ci sono 2 gruppi Whatsapp, un gruppo della classe creato 3 anni fa dagli stessi ragazzi ed un gruppo genitori, creato 2 anni fa, al quale partecipano anche i genitori della ragazza “discriminata”. Nel gruppo dei ragazzi nasce uno scambio di opinioni che inizia da un messaggio (che qui trascrivo integralmente) di una compagna di classe che ha già vissuto un’esperienza di condivisione con la bambina che si dice oggi discriminata, la quale è in difficoltà perché è rimasta molto turbata e spaventata proprio da quell’esperienza: “Poi ho paura a stare con lei da sola una volta mi ha chiuso dentro un armadio quasi soffocavo! Preferisco non venire alla gita”. Da qui, pochi messaggi ancora da parte di altre compagne per cercare di tranquillizzare e confortare l’alunna in questione, in ogni caso, MAI E DICO MAI dal contenuto offensivo, lesivo e/o discriminante, tanto meno definibili cyberbullismo, come invece è stato scritto in questi giorni. I ragazzi che voi state additando come mostri, bulli, maleducati, sono gli stessi ragazzi che da 3 anni aiutano la compagna in classe nelle attività didattiche, scolastiche ed extrascolastiche sempre con amore e con rispetto, anche quando il comportamento della ragazza diventa difficile. Sono state fatte scelte importanti da parte di tutti noi, genitori e docenti, e di conseguenza dei ragazzi, al solo fine di agevolare la vita, anche scolastica della ragazza. Ad esempio, non è mai stata cambiata l’aula di lezione ed il contenuto della stessa in questi 3 anni, e ciò per non creare un “disorientamento” alla ragazza, non è mai stata lasciata da sola con l’insegnante di sostegno, e partecipa alle lezioni a fianco degli altri alunni. Il padre della ragazza in questione è anche rappresentante di classe e potrà confermare come dai verbali delle riunioni di questi 3 anni non sia mai sorto alcun problema nella classe, e come si siano sempre svolte anche gite senza alcun tipo di problema. In uno spirito di solidarietà volto all’inclusione della bambina, sarebbe stata necessaria una maggior collaborazione anche da parte dei genitori della bambina, i quali ben avrebbero potuto accogliere la soluzione proposta da tutti, che prevedeva che la piccola dormisse in camera con l’insegnante di sostegno. Soluzione non accettata dai genitori. Tutti noi, dopo anni di convivenza, abbiamo imparato a conoscere le crisi della ragazza, ed i compagni ad affrontarle. Resta però inteso che un ragazzo di 13 anni non è assolutamente in grado di gestire un episodio di crisi in autonomia. La verità è stata travisata e noi pretendiamo a questo punto onestà e rispetto. Continueremo ad offrire la nostra disponibilità alla famiglia ed il nostro aiuto. Aiuto che comunque dal corpo docenti, dai nostri ragazzi e da noi genitori è sempre pervenuto senza riserve”.