Le associazioni antimafia contro la nomina, voluta dal centrodestra, del legale dei ‘boss’ nella Commissione Antimafia

8 AGOSTO 2018

di Alessandro Boldrini

MILANO – “No all’avvocato dei ‘boss’ in Regione, si deve dimettere!”. È questo il coro di protesta sollevato da Monica Forte, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle e presidente della Commissione Antimafia, contro la nomina – voluta dalla maggioranza di centrodestra – dell’avvocato M.T.Z. nel comitato tecnico-scientifico antimafia di Regione Lombardia. E a sostegno del consigliere pentastellato si schierano ora anche il presidente uscente del comitato, Nando dalla Chiesa, che ha definito “incompatibile” la sua presenza con quella di M.T.Z., oltre a tutte le principali associazioni antimafia lombarde, da Libera a WikiMafia, passando per la Carovana dell’Ovest Milanese e Stampo Antimafioso.

Il ritratto

Ufficialmente M.T.Z. esperta di mafia lo è, avendo assistito, in qualità di legale, un capo di Cosa nostra come Salvatore Lo Piccolo (arrestato nel 2007 dopo 25 anni di latitanza); un ‘boss’ calabrese del calibro di Carmine Valle; il funzionario pubblico legato alla ‘ndrangheta Carlo Chiriaco e Alessandro Gugliotta (condannato in via definitiva a 9 anni e 10 mesi nell’inchiesta Grillo Parlante), calabrese impiantato ad Arona, figlio del ‘boss’ di Oppido Mamertina affiliato ai Di Grillo-Mancuso che raccolse i voti poi venduti all’ex assessore alla Casa della giunta Formigoni, Domenico Zambetti (condannato a 7 anni e 6 mesi in appello per voto di scambio). Inoltre, il ‘maestro’ di M.T.Z. è l’avvocato Armando Veneto – ex senatore dell’Ulivo, amico di Marcello Dell’Utri e difensore di Tommaso Buscetta (prima del pentimento e della collaborazione con Giovanni Falcone) – da sempre legale della famiglia Piromalli e, in particolare, di Girolamo Piromalli, ‘don Mommo’, riconosciuto come il capo dei capi della ‘ndrangheta della Piana fino al 1979, anno della sua morte.

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La protesta

Ma il comitato tecnico-scientifico della Commissione prevederebbe conoscenze diverse, magari inerenti il contrasto al fenomeno mafioso. Chi appoggia la nomina della già ribattezzata “legale dei boss” (avanzata formalmente da Forza Italia, guidata in Consiglio regionale dal capogruppo Gianluca Comazzi) sottolinea anche che il diritto alla difesa – compresa quella di soggetti potenzialmente mafiosi – sia garantita dalla Costituzione. Un diritto sacrosanto, è vero. Ma qui il diritto alla difesa non c’entra nulla. “Lotta alla mafia e diritto alla difesa sono funzioni altrettanto importanti, ma diverse tra loro. Ed è bene che restino divise”, ha ribadito Nando dalla Chiesa sulle colonne de Il Fatto Quotidiano di martedì 7 agosto. Si aggiunge poi un secondo problema: un potenziale conflitto d’interessi. La commissione ha infatti accesso a informazioni sensibili e discute di beni confiscati che potrebbero appartenere a soggetti difesi dal legale, oppure “potrebbe trovarsi a chiamare in audizione le vittime dei mafiosi difesi dall’avvocato”, conclude Forte.