Vincenzo Martino, Alessandro Nucara, Vincenzo Oliviero, Mirella Giardinazzo e Bruno Saraceno: cinque personaggi in cerca d’affari nel mondo della malavita organizzata, Negli hanno costruire un ‘piccolo’ regno. Vivevano tutti nell’Altomilanese, tra Parabiago e Canegrate, in provincia di Milano
4 GENNAIO 2017
PARABIAGO-CANEGRATE (MILANO) – Lo scorso autunno, una maxi operazione delle forze dell’ordine ha condotto dietro le sbarre ventidue individui legati alla ‘Ndrangheta e, in generale, al mondo della malavita. Il terremoto giudiziario ha ‘colpito’ la città di Parabiago, in provincia di Milano. La raffica di arresti ha dimostrato che la mafia è ben radicata nell’Altomilanese ed è più vicina di quanto si creda. Lo si evince dal ritratto di questi 5 criminali residenti tra Parabiago e il vicino paese di Canegrate.
Vincenzo Martino e Alessandro Nucara
I due uomini sono entrambi nati a Reggio Calabria e residenti a Parabiago. Il primo era stato condannato a 20 anni di carcere, il secondo a 13 anni e 6 mesi di reclusione e costretto a pagare un’ammenda di 150 mila euro. Martino e Nucara facevano parte della triade ‘ndranghetista Libri-De Stefano-Tegano, coinvolta nel traffico internazionale di droga, usura ed estorsioni. Ma se il primo reggeva le sorti dell’organizzazione mafiosa, il secondo era ritenuto il braccio destro di Domenico Branca, capo di un’altra organizzazione mafiosa attiva a Milano tra gli anni ‘80 e ‘90. Nucara sarebbe stato il punto di riferimento degli altri associati, sempre informato sull’andamento delle attività criminali.
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Vincenzo Oliviero e Mirella Giardinazzo
Anche Vincenzo Oliviero, 30enne nato a Crotone, e Mirella Giardinazzo, 53enne rhodense, sono finiti in manette. Vincenzo è nipote del superpentito, nonché capo del traffico di sostanze stupefacenti nell’hinterland milanese e nel Nord Italia, Francesco Oliviero. Il giovane era già finito in carcere a Muggiò il 3 febbraio 2011 per detenzione illegale di armi, destinate a suo zio. Il parabiaghese fungeva dunque da armiere dell’organizzazione di Oliviero. Lo stesso ruolo del giovane Oliviero lo svolgeva anche Mirella Giardinazzo, che nel suo domicilio parabiaghese ospitava anche Silvana ‘Nikita’ Pagliaro, altro nominativo inserito nell’inchiesta giudiziaria e legato al mondo della malavita. Ma secondo i documenti ufficiali, Mirella risulta estranea all’attività mafiosa che ‘Nikita’ svolgeva per conto del clan dello zio di Vincenzo.
Bruno Saraceno
Un caso anomalo e più complesso è invece quello di Bruno Antonio Saraceno, il ‘tuttofare’ del potente clan Valle di Bareggio (nel milanese), a sua volta legata alla ‘ndrina dei De Stefano di Reggio Calabria. Assieme ai membri del clan, è stato accusato del reato di associazione mafiosa. La loro base operativa era l’attività denominata ‘La Masseria’, sita a Cisliano, una delle città in cui i Valle operavano. Saraceno e il resto dell’organizzazione, come si legge nella documentazione ufficiale, hanno commesso i seguenti reati: “Delitti contro il patrimonio, la libertà individuale, in particolare estorsioni, usure, esercizio abusivo di attività finanziara, intestazione fittizia di beni, frodi attraverso l’esercizio di videogiochi; acquisizione, gestione e/o controllo di attività economiche, in particolare nel settore edilizio, immobiliare e di ristorazione; impedimento del libero esercizio del voto, procurare a sé e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati a loro vicini; realizzazione di profitti e vantaggi ingiusti”.
Le società
Stando ai dati raccolti nel corso dell’inchiesta, le sue personali attività erano molteplici: possedeva la ‘S.V.R Studio Immobiliare s.r.l’, era socio di ‘Europlay s.r.l.’, amministratore unico della ‘General Contract s.r.l.’, società costituita nel 2007 per subappaltare e acquisire appalti privati e collegata direttamente ai Valle. I complici, interrogati nel corso delle indagini, ritraggono Bruno Saraceno come un uomo dalle mille sfaccettature: “Egli è il tipico uomo tuttofare a disposizione dell’associazione. Fa da autista, segretario, ‘architetto’ se c’è bisogno, incaricato per le ricezioni di buste di denaro. Se la necessità è quella di intestare fittiziamente beni, Bruno è sempre pronto, addirittura coinvolgendo senza scrupoli la intera sua famiglia”.
La droga
Saraceno ha anche un passato da spacciatore e dei precedenti per detenzione illegale di armi: “Si cala a tempo pieno nel ruolo di collaboratore dei Valle e non ha scrupoli a eseguire tale soggetto”. Inoltre, secondo un’altra operazione delle forze dell’ordine denominata ‘Bar Boy’, Saraceno risulta essere l’intestatario del cellulare di Giovanni Monolo, vittima di usura da parte di una cosca operante tra Legnano e Lonate Pozzolo. Così la ‘ndangheta riuscì a estorcere all’uomo fino a 20 mila euro. La storia del ‘tuttofare’ del clan Valle termina nel 2011: in seguito a problematiche relative all’inchiesta giudiziaria che lo vedeva coinvolto, è stato rilasciato e ora è tornato in libertà.