Per decenni hanno terrorizzato l’Altomilanese, poi sono finiti in carcere e adesso sono di nuovo liberi. La storia dei boss Rocco Papalia, Vincenzo Rispoli e Francesco Valle. Intanto alla Procura di Milano scatta l’allarme, perché in molti dubitano che i bossi, ora, si metteranno a fare i pensionati, coltivando l’orto o leggendo il giornale sulle panchine del parco
15 MAGGIO 2017
ALTOMILANESE – Qualche giorno fa la scarcerazione di Rocco Papalia, accolto nella ‘sua’ Buccinasco con champagne e pasticcini; il mese scorso quella del potente Vincenzo Rispoli, già capo della ‘locale’ di Legnano e Lonate Pozzolo; nell’ottobre 2016 la concessione degli arresti domiciliari a Bareggio, per motivi di salute, al capoclan Francesco ‘Ciccio’ Valle. I boss della ‘ndrangheta, che hanno terrorizzato Milano e provincia, tornano a casa. Due di loro sono liberi cittadini. E in Procura, alla Direzione distrettuale antimafia, scatta l’allarme rosso. Non sono tre mafiosi qualsiasi.
Pasticcini e champagne
Papalia, oggi 66enne, ha finito di scontare 30 anni di carcere per l’omicidio di Giuseppe De Rosa, freddato fuori dalla discoteca Skylab. Per la verità ne ha scontati 25 e oggi deve ancora patirne 3 di sorveglianza speciale. Ma il tempo sembra non essere passato, tanto che il boss è ancora oggi omaggiato e celebrato, forse in ricordo dei tempi ‘gloriosi’, quando insieme ai fratelli Domenico e Antonio, reggeva il governo della ‘ndrangheta in Lombardia negli anni ‘90. Nella ‘sua’ Buccinasco, il giorno della liberazione, si è assistito a una processione infinata verso la nuova dimora del boss: anziani, donne e bambini lo hanno omaggiato portando bottiglie e pasticcini. Anni di lotta alla mafia e di cultura della legalità non sono bastati per scalfire il prestigio del capoclan nella città che non è mai stata capace di togliersi di dosso l’etichetta di ‘Platì del Nord’.
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Enzo, la ‘potenza’
Intanto a San Giorgio su Legnano è tornato pure Rispoli, il boss indiscusso della ‘ndrangheta in Lombardia all’inizio del nuovo millennio. Fermo nel prendere decisioni, implacabile nel farle eseguire, potente e venerato. Al punto che in un’intercettazione telefonica due mafiosi lo descrivono così: “Enzo è una potenza. Fa così con le dita e duemila persone si girano e cominciano a correre”. Ora è un uomo libero e dice di voler cominciare una nuova vita, anche se nessuno lo immagina mentre si gode la pensione, coltivando l’orto o leggendo il giornale sulle panchine del Parco Castello a Legnano. Classe 1962, originario di Cirò Marina, viene condannato a 11 anni e poi evita, grazie a un cavillo legale, un’altra condanna nel processo ‘Infinito’. Secondo l’accusa Rispoli tirava le fila di un’organizzazione criminale che agiva tra Legnano e Lonate Pozzolo e che terrorizzava i commercianti: racket, usura, intimidazioni, spaccio e riciclaggio di denaro sporco.
Il vecchio boss
C’è poi il caso del vecchio boss Valle, patriarca dell’omonimo clan che nell’Altomilanese, tra Bareggio e Cisliano (ma anche in Lomellina), fece il bello e il cattivo tempo. Valle, oggi 80enne, stava scontando in carcere una condanna a 21 anni per associazione di stampo mafioso, fino a quando il Tribunale di Sorveglianza di Secondigliano (Napoli) lo ha scarcerato per motivi di salute e mandato gli arresti domiciliari. A Bareggio, dove il capoclan possedeva una mega villa e dove, soprattutto, gestiva i traffici illeciti. Una decisione che lascia perplessi. E che consente oggi a ‘don Ciccio’ una libertà insperata. Il cerchio si chiude: con i tre potenti boss di nuovo liberi – o comunque fuori dal carcere – ora cosa succederà? Se lo chiedono soprattutto i magistrati milanesi. Ed è piuttosto facile intuire la risposta.