Abusò della cuginetta di 10 anni. Per questo un uomo di 43 anni, residente a Magenta, è stato condannato in primo grado a una pena pesantissima. Secondo l’accusa: gli abusi sessuali sarebbero continuati per 5 anni. La difesa: “Sentenza scandalosa”. La parte offesa: “Quadro indiziario chiarissimo”
di Ersilio Mattioni e Francesco Colombo
MAGENTA (MILANO) – Alla fine di gennaio 2021 era stato arrestato (e poi scarcerato per motivi di salute) per abusi sessuali reiterati nei confronti di una cugina acquisita, che all’epoca dei fatti aveva 10 anni. Ora il Tribunale di Milano ha condannato il presunto pedofilo – A.D., 43 anni, di Magenta – a 12 anni di carcere. Una pena durissima, che l’avvocato Roberto Grittini ha definito “scandalosa”, attaccando duramente i giudici della Quinta sezione penale, presieduta da Luisa Alfonsa Savoia. Di parere opposto l’avvocato Federica Liparoti, che rappresenta la parte offesa, secondo la quale “vi sono molteplici elementi indiziari sui comportamenti dell’imputato”.
Abusi sessuali
L’inchiesta muove i primi passi il 29 dicembre del 2020, quando la vittima (che oggi ha 21 anni) si presenta alla caserma dei Carabinieri di Albizzate (nel Varesino, dove risiede) e racconta ciò che sarebbe successo tra il 2011 e il 2015. La sua famiglia è imparentata con quella del 43enne e gli incontri tra i due sarebbero avvenuti durante i weekend, a Magenta. Secondo la testimonianza – resa in modo dettagliato, oltre che con un linguaggio crudo – l’uomo avrebbe abusato di lei più volte e in vari luoghi, sia a casa sia nella sua automobile e in quella di sua madre.
Le indagini
I veicoli vengono sequestrati, assieme a 13 dispositivi digitali (pc, tablet e smartphone) alla ricerca di materiale utile all’inchiesta. Emerge un’immagine pedopornografica (non collegata direttamente al caso) e diverse ricerche in Internet di video pornografici sul tema degli incesti e delle teenager. Nulla di specifico sugli abusi sessuali, ma un quadro indiziario abbastanza preciso. Le indagini coinvolgono anche un commerciante 56enne di Magenta e il suo negozio viene perquisito. Anche in questo vengono sequestrati tutti i dispositivi digitali, ma l’analisi degli esperti informatici della Procura appura soltanto uno scambio di materiale pornografico tra adulti e una serie di conversazioni telefoniche a tema. Nulla di questo costituisce reato. Tanto che il commerciante esce dall’inchiesta completamente scagionato da accuse e sospetti.
Il processo
Per A.D., invece, l’inchiesta continua. La Procura chiede e ottiene il giudizio immediato e quegli episodi tra il 2011 e il 2015, quando la cugina aveva tra i 10 e i 15 anni, diventano materia per un processo, appena concluso con la pesantissima condanna a 12 anni. Il magentino 43enne non finirà però in carcere, sia per le sue precarie condizioni di salute sia perché non ha più possibilità di contatti con la vittima.
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“Sentenza scandalosa”
Ma la condanna fa discutere. E l’avvocato Grittini non usa giri di parole per commentarla: “Davanti ai giudici della Quinta sezione penale ormai è impossibile essere assolti, è uno scandalo. Tutto è maturato nel contesto di faide familiari”.
“Ho tutta la famiglia in pugno”
“La ragazza – secondo il legale – non è nemmeno riuscita a spiegare un’intercettazione nella quale, rivolgendosi al fidanzato, dice: ‘Ho in pugno 8 persone, tutta la famiglia’. Oggi viviamo in un sistema dove basta inventare una calunnia, che il povero accusato si trova già condannato. Mala tempora currunt per la giustizia”.
La parte offesa
L’avvocato Liparoti, dal canto suo, fa notare che quell’intercettazione è diversa: “La mia assistita non dice ‘Ho la famiglia in pugno’, bensì ‘Sento di avere in mano la vita di 8 persone’. Lo dice con preoccupazione. In ogni caso, durante l’incidente probatorio, nessuno le ha chiesto di quella intercettazione. Quindi non è corretto affermare che la mia assistita non ha saputo spiegarla, perché nessuno le ha domandato di farlo”.
Ricorso in appello
L’avvocato Grittini è convinto che il Tribunale abbia condannato il suo assistito senza prove e senza dimostrare i presunti abusi sessuali. Per questo il legale annuncia il ricorso in apppello e dichiara: “Ribalteremo la sentenza”.