“Maltratta la zia da ubriaco”, 56enne di Inveruno finisce a processo ma il giudice lo scagiona: “Era gentile e premuroso”.
INVERUNO (MILANO) – “Maltratta la zia da ubriaco”: la Procura lo accusa, ma un 56enne di Inveruno viene assolto dal Tribunale di Milano. L’uomo viene indagato dalla Procura della Repubblica dopo l’intervento di una pattuglia dei Carabinieri di Cuggiono nella serata del 13 febbraio 2022.
“Maltratta la zia da ubriaco”
In quel frangente i militari devono intervenire, forse chiamati dai vicini, per sedare un litigio tra l’inverunese e la zia. Dopo quell’episodio, gli atti vengono trasmessi in Procura e il pubblico ministero, Michela Bordieri, decide di aprire un fascicolo a carico dell’uomo con le ipotesi di reato previste e punite dagli articoli 572 e 582 del Codice penale (“Maltrattamenti in famiglia” e “Lesioni personali”).
Le accuse della Procura
Secondo il pm l’uomo, “in stato di ubriachezza abituale”, maltrattava la zia con cui conviveva “insultandola pesantemente”, “umiliandola”, “urlandole addosso tutta la notte”, “colpendo porte e arredi della casa con pugni” e “facendola cadere a terra dopo averla spintonata violentemente”. Il gip di Milano, persuaso e convinto dell’impianto accusatorio, emette una misura cautelare a carico dell’uomo, impedendogli di avvicinarsi alla zia e di frequentare i suoi stessi luoghi.
Il processo e l’assoluzione
Rinviato a giudizio, il 56enne inverunese, difeso dall’avvocato Davide Gornati, viene assolto dal giudice della Quinta sezione penale del Tribunale di Milano, Valerio Natale. Per lui il pubblico ministero aveva chiesto 3 anni 2 mesi di carcere.
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Le dichiarazioni della difesa
“Abbiamo dimostrato – spiega l’avvocato Gornati – la totale assenza di condotta vessatoria da parte del mio assistito che, anzi, a detta della zia, con lei era sempre ‘gentile’ e ‘affettuoso’. Non solo: per quel che riguarda l’episodio della spinta, è emerso come si sia trattato di un banale incidente”. Prosegue Gornati: “Siamo soddisfatti perché́ le accuse si sono sgonfiate e perché non vi è mai stato, da parte del mio cliente, alcun intento lesivo. Sono contento per lui, perché nel suo caso una condanna sarebbe stata davvero ingiusta”.