Un cavillo, un documento del Tribunale che negava la scarcerazione ma che è stato depositato in ritardo: come quando si prende una multa che arriva a casa oltre il 90esimo giorno. Ma nel diritto la forma è sostanza. Così gli arresti domiciliari, che sarebbero potuti continuare fino all’ottobre 2016, finiscono di colpo. Le accuse, invece, restano in piedi: corruzione, concussione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Il processo comincia l’8 giugno
15 APRILE 2016
MILANO – Mario Mantovani, nella vita, è sempre stato molto fortunato. E lo è stato anche questa volta, perché la decisione del Tribunale del Riesame (al quale il politico si era rivolto nell’ottobre 2015 per chiedere la revoca degli arresti) è stata depositata il 30 novembre, in ritardo di qualche giorno. E benché quella decisione fosse negativa, ribadendo che Mantovani avrebbe dovuto restare agli arresti, il ritardo la rende nulla. Un cavillo, del quale si è accorto il professor Guido Calvi, nuovo avvocato di Mantovani dall’inizio del 2016. Il Tribunale di Milano ha preso atto di quell’errore clamoroso (depositare le motivazioni in ritardo) e ha stabilito la revoca degli arresti. La vicenda è raccontata nei dettagli dal Corriere della Sera (clicca qui per leggere l’articolo).
La forma è sostanza
Sembra incredibile, perché la decisione del Riesame era stata netta e con motivazioni pesantissime, che avevano di fatto azzerato le possibilità di ottenere la revoca degli arresti: “Da quando (Mantovani) ha avuto conoscenza delle indagini a suo carico, si è attivato per manipolare gli elementi di prova, intervenendo sugli altri soggetti coinvolti nell’intera vicenda per nascondere le proprie responsabilità”. Ma quelle motivazioni andavano depositate prima dal 30 novembre 2015, non dopo. Dimenticanza? Pasticcio della burocrazia? Altro? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che nel diritto la forma è sostanza e non è colpa di Mantovani se il Tribunale ha commesso un errore. Una bella fortuna per il politico, tanto più che, avendo scelto il rito immediato, sarebbero potuto restare agli arresti per altri 6 mesi, fino all’ottobre 2016. Invece è libero. E ieri sera, quasi una beffa per la giustizia, ha pure organizzato una festa in uno dei luoghi al centro dell’inchiesta: villa Clerici a Cuggiono, nel Milanese.
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Processo l’8 giugno
La gioia per la revoca degli arresti non muta il quadro indiziario: Mantovani, invece di essere un imputato agli arresti domiciliari, è ora un imputato a piede libero. L’8 giugno comincerà il processo, dove il politico (che nel frattempo può tornare a sedersi sui banchi del consiglio regionale, avere uno stipendio di 10.000 euro al mese e persino votare le leggi) risponderà delle accuse di corruzione, concussione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio.
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