Anche Busto Arsizio, oltre alle cliniche milanesi San Raffaele e Mangiagalli, è sotto inchiesta per la morte di Claudia Bordoni e dei suoi due gemelli. Indaga la Procura di Milano. Il ministero manda gli ispettori: “Dovranno accertare se a determinare il decesso abbiano contribuito difetti organizzativi della struttura sanitaria”

30 APRILE 2016

di Redazione

MILANO – Mentre si attendono i risultati dell’autopsia sulla morte di Claudia Bordoni, 36 anni, incinta di due gemelli, avvenuta ieri alla clinica Mangiagalli, ospedale che dipende dal Policlinico di Milano, la Procura di Milano indaga e l’ipotesi di reato è pesantissima: omicidio colposo. L’inchiesta è coordinata dal Pubblico ministero Maura Ripamonti e dal procuratore aggiunto Nunzia Gatto, passerà sotto la lente d’ingrandimento l’operato dei medici di tre ospedali: la Mangiagalli, il San Raffaele e anche il nosocomio di Busto Arsizio (Varese).

Busto Arsizio sotto accusa

Proprio qui la giovane donna (che aveva fatto ricorso alla procreazione assistita) è stata visitata, dopo aver più volte accusato disturbi nel corso del periodo di gravidanza. Ma i medici non avevano riscontrato nulla di anomalo o comunque nulla di grave. Ora è probabile – come atto dovuto e come di norma succede per prassi – l’iscrizione dei dottori che si sono occupati del caso (a Busto Arsizio come a Milano) nel registro degli indagati.

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Il ricovero al San Raffaele

Lunedì, tre giorni prima della morte, la donna si era recato al pronto soccorso dell’ospedale San Raffaele, dove era stata seguita durante la gravidanza. Dopo averla visitata i medici e i chirurghi l’avevano dimessa, anche in questo caso ritenendo che non vi fossero anomalia o complicazioni.

Ministero in campo

Intanto, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha inviato gli ispettori a Milano e a Busto Arsizio, per far luce sull’accaduto. “Dovranno accertare – chiarisce il ministero – se a determinare il decesso di Claudia Bordoni abbiano contribuito difetti organizzativi della struttura sanitaria e se siano state rispettate tutte le procedure previste a garanzia della qualità e sicurezza delle cure”.

Dubbi e perplessità

La gravidanza sarebbe stata particolarmente problematica: nel corso della gestazione la donna avrebbe avuto più di una minaccia d’aborto. Gli ultimi problemi risalirebbero a metà aprile. Per questo Claudia si era rivolta ai medici del San Raffaele. Dopo una settimana di ricovero però era stata dimessa: il 20 aprile. Cinque giorni dopo, il nuovo ricovero al pronto soccorso di via Olgettina: dopo era essere stata in osservazione diverse ore, era stata dimessa. Due giorni dopo un altro ricovero, stavolta alla Mangiagalli. Dopo circa un giorno la situazione è precipitata nella mattinata di giovedì, quando la 36enne ha iniziato a presentare segni evidenti di emorragia addominale e all’esofago. Verso le 14 dello stesso giorno il cuore di Claudia ha smesso di battere. I tentativi di salvare almeno i due figli sono stati inutili. Alla Mangiagalli è stata avviata un’indagine interna, ma la sensazione è che i problemi della paziente siano cominciati prima. Sarà l’inchiesta a stabilire se si sia trattato di tragica fatalità oppure di negligenza.

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