Secondo una perizia richiesta dalla Procura di Milano, la 36enne Claudia Bordoni non sarebbe morta, se i medici avessero approfondito i sintomi e avessero, di conseguenza, compreso le cause dell’emorragia, praticando un taglio cesareo. Sotto inchiesta per omicidio colposo una ginecologa, una psichiatra e due ostriche

6 NOVEMBRE 2016

di Redazione

MILANO – Claudia Bordoni, la donna morta lo scorso 28 aprile alla clinica Mangiagalli di Milano assieme alle due gemelle che portava in grembo, poteva essere salvata. E’ quanto emerge dalla consulenza richiesta dal Pubblico ministero Maura Ripamonti, titolare dell’inchiesta per omicidio colposo a carico di una ginecologa, una psichiatra e due ostriche della struttura ospedaliera.

L’accusa

La donna di 36 anni era deceduta a seguito di una forte emorragia. I vertici della Mangiagalli, ospedale afferente al Policlinico, avevano parlato di “tragica fatalità”, ma i contorni della vicenda era apparsi da subito poco chiari, tanto che la magistratura milanese aveva aperto un’inchiesta, mettendo sotto la lente di ingrandimento tre strutture sanitarie: Mangiagalli, Policlinico e ospedale di Busto Arsizio. Oggi, il risultato della consulenza specialistica richiesto dal Pm apre uno scenario inquietante: la paziente era affetta da endometriosi (una malattia cronica, originata dalla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero) e avrebbe potuto salvarsi, se i medici fossero intervenuti con un taglio cesareo. In altre parole, la donna – al quinto mese di gravidanza dopo essersi sottoposta alla procreazione medica assistita – non sarebbe morta, se il personale sanitario avesse approfondito i sintomi che si erano manifestati il giorno del decesso. In questo caso sarebbe stata individuata la causa dell’emorragia e con un taglio cesareo, sebbene molto rischioso, la paziente avrebbe potuto essere tratta in salvo.

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La difesa

Dalla clinica Mangiagalli, di fatto il solo ospedale sotto accusa, non sono giunti per ora né commenti alla consulenza del Pm (i cui contenuti sono stati anticipati dall’agenzia Ansa) né altre dichiarazioni. Gli avvocati degli indagati, invece, hanno tempo fino al 21 novembre per depositare la loro difesa.