A Castano Primo, nel Milanese, riprendono i lavori per la costruzione di una piccola moschea

20 AGOSTO 2020

di Vanessa Valvo

CASTANO PRIMO (MILANO) – “Il tribunale dà ragione a noi”. E’ il segretario dell’associazione islamica Madni, Hafiz Dildar, ad annunciare trionfante che i lavori per la cosiddetta moschea di Castano Primo, nel Milanese, possono proseguire da dove erano stati sospesi. Il centro religioso di Castano non avrà le fattezze di una vera e propria moschea. Sarà di certo un luogo di preghiera, ma non ci sarà, ad esempio, il caratteristico minareto. Al suo interno saranno previste, inoltre, anche attività culturali e ricreative. 

Lo stop ai lavori

Il Tar, infatti, ha appena pubblicato la sentenza che indica sostanzialmente inutili gli atti del Comune, che nel 2016, alla luce della famigerata legge regionale, soprannominata anti-moschee, aveva bloccato il cantiere di via Friuli perché irregolare rispetto alla norma sovra comunale in vigore. Pochi mesi fa, però, la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità di alcuni articoli contenuti nella normativa tutta lombarda e che ostacolavano di fatto la costruzione del luogo di culto islamico. Tra i punti illegittimi, ad esempio, l’obbligo di redigere un piano comunale delle strutture religiose, ad oggi non più necessario.

Nessun risarcimento

“Decaduti questi, il Tar ne ha preso atto – spiega Dildar – e ha agito di conseguenza. Da parte del Comune, però, non è dovuto alcun risarcimento. A noi va bene anche così, possiamo non pretendere il pagamento dei danni subiti. Qualora, però, dovessimo ancora essere ostacolati nel nostro obiettivo, saremmo pronti a richiederne fino al doppio”.

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Il cantiere

La Madni aveva aperto il cantiere di via Friuli durante il 2016 con lo scopo di ampliare la piccola sede ivi acquistata. Il progetto prevedeva la costruzione di uno spazio maggiorato per la preghiera collettiva, utile soprattutto durante il Ramadan. Edificate le fondamenta, però, era sopraggiunto il veto del municipio a continuare. Per questo l’associazione si era rivolta al Tar, chiedendo anche il rimborso, sostanzialmente, delle somme già spese per avviare il progetto. “Abbiamo atteso più di 3 anni e abbiamo dovuto sostenere anche i costi delle spese legali – aggiunge Dildar – ma siamo contenti che almeno ne sia valsa la pena. Abbiamo da parte ancora dei fondi da poter utilizzare per riaprire il cantiere, anche se ce ne serviranno sicuramente altri. Di certo ci autofinanzieremo come abbiamo sempre fatto, grazie all’aiuto di tutti i soci. Non è il momento migliore, soprattutto dal punto di vista lavorativo, ma abbiamo la fiducia di potercela fare. Contatteremo i nostri tecnici per capire come proseguire e dopo le ferie andremo in Comune”.