Pagelle di fine anno, sotto tiro il sindaco Chiara Calati, in crescita l’assessore Cattaneo: tutti i voti

di Ersilio Mattioni

MAGENTA (MILANO) – Pagelle di fine anno, a Magenta si salva solo il vicesindaco Simone Gelli. Bocciatura, invece, per il primo cittadino Chiara Calati.

Pagelle di fine anno: assessori imposti

Il più grande errore del sindaco Chiara Calati è stato quello di farsi imporre i nomi degli assessori dai partiti politici, che non hanno certamente dato il meglio di sé. Al netto del suo vice Simone Gelli (era negli accordi pre elettorali e in ogni caso è quello con più esperienza amministrativa), tutti gli altri hanno dovuto farsi le ossa e sono passati quasi 5 anni con pochissimi risultati. A tutto ciò si aggiunga che da un anno si sta parlando di elezioni, facendo mille ipotesi (tra cui il ritorno di Luca Del Gobbo), tranne la ricandidatura di Calati, la quale ha di fatto imposto se stessa a una coalizione che non vuole ancora prendersi la responsabilità di decidere il proprio futuro.

Pagelle di fine anno: il voto al sindaco

Insomma, governare così è tutt’altro che facile. Calati ha dovuto impegnare buona parte del suo tempo a rimediare alle altrui mancanze e a capire il funzionamento della macchina comunale. Ma un mandato passa in fretta e oggi Magenta si presenta come una città immobile: grandi progetti fermi al palo, ordinaria amministrazione (le piccole cose che piacciono ai cittadini, come la cura del verde e il decoro urbano) poca e fatta male. Potremmo aggiungere alcuni errori strategici, come la disastrosa gestione di Asm oppure una comunicazione decisamente inefficace perché priva di un chiaro indirizzo politico: ogni assessore va a ruota libera e il risultato è una gran confusione. Voto 5,5, dunque, per un sindaco affatto privo di numeri e capacità, ma che non riesce a imprimere all’amministrazione una velocità almeno accettabile.

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Il sindaco Chiara Calati

I promossi

Si salva solo il vicesindaco Simone Gelli (Lega), che detiene le deleghe a Sicurezza, Bilancio e Scuola. Settori cruciali, che Gelli governa con molto mestiere: la sua esperienza gli ha permesso di tenere i conti in ordine, di fare i compiti a casa e di togliersi qualche soddisfazione. Non gli ha impedito invece di non esagerare sui social network, dove spesso usa toni e linguaggi incompatibili con il ruolo che ricopre. Voto 6/7, il più alto della giunta. In ripresa, dopo un inizio problematico, l’assessore al Lavori pubblici, Laura Cattaneo (Forza Italia). Non può strafare, anche perché le mancano le risorse. Però il suo settore, nell’ultimo anno, ha dato segnali di ripresa. Il che le vale un 6-. Voto che può crescere, ma dipende da quanto Cattaneo saprà concretizzare prima delle elezioni.

Il vicesindaco Simone Gelli
L’assessore Laura Cattaneo

I bocciati

Decisamente sottotono l’assessore al Sociale, Patrizia Morani (Forza Italia), che dà l’impressione di fare il minimo sindacale, lasciando agli uffici le politiche sull’assistenza. Ci vorrebbe qualche idea originale, soprattutto in questo periodo. Ma la fantasia scarseggia. Voto 5. La stessa valutazione per l’assessore allo Sport e ai Giovani, Luca Aloi (Lega): qui il problema non sembra essere l’impegno – che senza dubbio c’è – ma i risultati, che invece non arrivano, mentre il tempo sta per scadere. Voto 5. Invalutabile – perché evanescente – l’assessore Simone Tisi (Lega). Dovrebbe occuparsi di Famiglia e ha più volte fatto intendere quella che gli piace e quella che non gli piace. Solo per questo meriterebbe la bocciatura. Il punto però è un altro, cioè che Tisi non fa assolutamente nulla. Senza voto. Con tanti auguri per la compagna elettorale, se avrà il coraggio di candidarsi.

L’assessore Patrizia Morani
L’assessore Luca Aloi
L’assessore Simone Tisi

Le opposizioni

Non si può dare un voto unico all’opposizione e non sarebbe corretto fare la media, perché il Pd e Progetto Magenta sono entità distinte e distanti, che non sempre fanno fronte comune in Consiglio e che non andranno alleate alle elezioni del 2022. C’è poi una differenza profonda tra i due gruppi: i dem sono sul pezzo sempre, vantando al proprio interno personale politico attrezzato a comprendere ogni atto amministrativo, mentre la lista civica appare un po’ monotematica, occupandosi a fasi alterne solo delle questioni che sembra conoscere meglio.

Le vecchie ruggini

Insieme sarebbero un’opposizione da 8+ e se fosse per il Pd, il patto sarebbe già stato siglato. Invece restano divisi, perché il leader di Progetto Magenta, Silvia Minardi, appare incapace di ragionare politicamente, mettendo da parte le questioni personali, le vecchie ruggini, le antipatie. Del resto, stiamo parlando di governare una città importante come Magenta e non di organizzare una caccia al tesoro né di fare un girotondo con i bimbi dell’asilo. Cose già dette, sulle quali è inutile tornare.

Il voto al Pd

Dal punto di vista dell’efficacia dell’azione della minoranza, però, la questione è piuttosto evidente: il Pd è un partito organizzato e il suo capogruppo, Enzo Salvaggio, ha più volte mostrato di possedere doti sia politiche sia amministrative. Per dirla in gergo, è sempre sul pezzo: sa intervenire al momento opportuno, studia le carte, conosce la città e i suoi problemi. Altra cosa è mettere in campo un progetto competitivo e attraente per vincere le elezioni, ma Salvaggio, il mestiere di capogruppo d’opposizione, lo fa bene. Voto 7+.

Il capogruppo Pd, Enzo Salvaggio

Toni da ‘maestrina’

Non si può dire lo stesso di Minardi, che troppo spesso in consiglio comunale utilizza i toni della ‘maestrina’ con la penna rossa in mano, quella che sa sempre tutto e ti spiega cosa fare, come e quando farlo. Atteggiamento che sarebbe già abbastanza discutibile in un docente (anche se Minardi nel suo ruolo di insegnante eccelle: lo dicono i suoi allievi e c’è da crederci), ma che diventa fastidioso in un politico. Il risultato è un susseguirsi di battaglie didascaliche: seppur in molti casi condivisibili, somigliano a lezioni.

Minardi bocciata

E questo scatena un derby improduttivo. Ma è sul terreno della politica che Minardi crolla (il suo voto non va oltre il 5,5), perché quando si ha l’ambizione di governare una città, allora ci si deve mettere nell’ottica di costruire le condizioni per farlo. Il che significa aprirsi agli altri, diventare inclusivi e smettere di penare di essere i migliori. Ed è questo è il vero punto debole della professoressa prestata alla politica.

La capogruppo di Progetto Magenta, Silvia Minardi