Prima aderiscono a un progetto di accoglienza, che prevede un alloggio temporaneo in attesa di trovare una casa e un lavoro. Poi però occupano l’appartamento, non se ne vogliono più andare e pretendono una sistemazione in hotel oppure in un residence
21 NOVEMBRE 2016
PARABIAGO (MILANO) – In questa vicenda non c’è traccia di razzismo o pregiudizi. Si tratta solo di una storia di ‘furbetti’. Tutto ha inizio nel 2012, quando una donna senegalese viene collocata in un immobile vicino alla sede della polizia locale e convenzionato col Comune assieme ai suoi tre figli, due bambine e un ragazzino che ora hanno rispettivamente 4, 6 e 12 anni. Si chiama ‘Progetto Emergenza’ e prevede una sistemazione per tre nuclei familiari al costo di 100 euro per le utenze fino a un massimo di 6 mesi. Nel frattempo, le persone all’interno devono organizzarsi per trovare un’altra locazione, di modo che l’amministrazione possa dare lo stesso aiuto anche ad altri nuclei in difficoltà.
L’occupazione
Scaduto il periodo, le due famiglie presenti nella struttura si trasferiscono e cominciano la loro vita, mentre quella senegalese non solo non accenna ad andarsene, ma a un certo punto si amplia con l’ingresso del padre nell’appartamento, il quale svolge lavori di tipo saltuario e non è previsto negli accordi della convenzione. Passano i mesi e il proprietario dell’immobile chiama gli assessori competenti perché ha intenzione di cacciare la famiglia. Nel corso del tempo, infatti, hanno fatto una serie di danni: bombole di gas in giro, boiler dell’acqua calda rotto, parte dell’arredamento rovinato. Tuttavia, Maty Fall e Abducadre – questi i nomi dei coniugi – non vogliono sentire ragioni.
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La pretesa
Anzi: pretendono che sia compito del Comune offrire loro una sistemazione, senza sforzarsi di trovarne una. Arrivano addirittura a dormire sul marciapiede con i figli per protesta. La vicenda passa poi per vie legali. Il tribunale dispone il rilascio forzato dell’alloggio, ma allo sfratto non è presente il padre. Nell’attesa che la famiglia si decida a dialogare con l’amministrazione, per mezzo della Caritas i senegalesi vengono inseriti in un hotel per due settimane. Passa il periodo e i coniugi rifiutano di staccarsi dalla macchina amministrativa, esponendo tre opzioni: stare ancora in albergo, andare in un residence o, secondo la versione di Abducadre, avere una casa gratis in seguito a un presunto dialogo avuto all’interno di un’agenzia immobiliare di piazza Maggiolini.
La sceneggiata
Il Comune non ci sta e i senegalesi si recano sulle scale del municipio la sera del 3 novembre, per dormire lì come segno di protesta. Tramite un’ordinanza comunale e secondo le leggi per la tutela sui minori, il nucleo è stato inserito in un’altra struttura, nell’attesa che si trovi un alloggio definitivo. Resta il fatto che le ‘furbate’ non sono mai belle. E le sceneggiate neppure. Vanno a discapito dell’immagine di tanti migranti che invece hanno solo voglia di trovare un lavoro e integrarsi nel nostro Paese.