Fu uno dei primi sindaci leghisti d’Italia: nel 1993 guidò una giunta monocolore a Magenta. Oggi è consigliere comunale, ma non sopporta la coppia Salvini-Di Maio

14 GIUGNO 2018

di Ersilio Mattioni

MAGENTA (MILANO) – Franco Bertarelli, oculista di fama con la passione per la politica, fu uno dei primi sindaci leghisti d’Italia, quando il movimento fondato da Umberto Bossi si chiamava ancora Lega Nord. Anzi, si chiamava Lega Lombarda. Oggi si è stufato. E non fatica a dire ciò che pensa del governo Salvini-Di Maio, cioè che “non combinerà nulla di buono”. Da ciò la decisione di stare alla finestra per qualche mese e poi dimettersi da consigliere comunale.

Luci e ombre

La stagione di Bertarelli, cominciata quasi per caso nel 1993, ebbe luci e ombre. Fu segnata da un livello di scontro politico altissimo, anche perché Bertarelli non nascose mai il suo essere “uomo di destra” né il suo carattere decisionista. Che non fu sempre un pregio, è vero. Però l’impressione, di quegli anni complicati, è oggi nitida: un primo cittadino di livello affiancato da una classe dirigente in buona parte inesperta e raffazzonata, i cui limiti furono presto evidenti. Tanto che quella giunta – un monocolore leghista, eletto al secondo turno con il 62,41% – cadde anzitempo e ogni tentativo di evitarne il tracollo fu vano.

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Personaggi del passato e del presente

Bertarelli si trovò a governare Magenta con 12 consiglieri, tutti della Lega Lombarda: un monocolore, che il Carroccio non sarà mai più in grado di replicare, simile a quello di Milano, quando negli stessi il sindaco era Marco Formentini. Per un periodo, Emanuele Torreggiani fu vicesindaco e assessore alla Cultura, ma Torreggiani e Bertarelli finirono per litigare. Dopo la rottura, il destino della giunta leghista apparve segnato. E chi c’era all’opposizione dell’amministrazione Bertarelli? Ecco, qui vale la pena di soffermarci un poco. C’era, per esempio, Sante Zuffada (che prese al ballottaggio il 37,59%) già sindaco democristiano di Magenta, che si trovò negli inediti panni del capogruppo di minoranza, ruolo che riusciva a svolgere con fatica. Poi la svolta ‘berlusconiana’, l’amicizia con il politico pluri indagato Mario Mantovani e il decollo, prima in Regione e poi persino in Senato. Alle Politiche del 2018 fu sul punto di lasciare Forza Italia, che gli aveva garantito la ricandidatura, salvo cambiare idea. Poi ci ripensò: “Non voglio che si dica che Sante Zuffada è attaccato alla poltrona”. C’era, inoltre, Umberto Novo Maerna: eletto con i post fascisti del Msi (4,09%), già allora amico dei fratelli La Russa. Poi, pure per lui, una mini carriera politica: due volte vicepresidente della Provincia di Milano, assessore a Segrate e vicepresidente della municipalizzata milanese Amsa. E tutto senza mai essere votato dai cittadini. Oggi Maerna non ha cariche, in compenso si è beccato una condanna per truffa in primo grado: dipenderà da lui ottenere l’assoluzione tramite prescrizione del reato o rinunciare alla prescrizione e dimostrare la sua innocenza in Appello. Sui banchi dell’opposizione sedevano anche Maria Regina Oldani (12,71%), Antonio Simondo (11,93%), Pietro Spadaro (11,08) e il socialista Luciano Olgiati (7,48%). Insomma, una minoranza decisamente attrezzata, che mise più volte in crisi la giunta leghista.

Un uomo libero

Bertarelli, di fare politica, non smise mai. E’ una passione, del resto. Ma non chiese cariche e accettò di candidarsi solo su richiesta: nel 2013 al Senato e nel 2017 al consiglio comunale di Magenta, dove venne eletto e ora siede in maggioranza. Fino a quando? “Mi riservo – spiega l’ex sindaco leghista – di analizzare almeno i primi due mesi di governo prima di prendere la decisione definitiva di dimettermi, anche se ho molti dubbi circa il fatto che questa nuova coalizione possa combinare qualcosa di buono. Io ho già annunciato la mia intenzione di dimettermi alla segreteria della Lega di Magenta, e ora sarà dovere del segretario Kevin Bonetti accettarle oppure no”. A Bertarelli due cose non piacciono. La prima: il “cambio di casacca” di alcuni parlamentari della Lega, eletti nei collegi uninominali anche grazie ai voti di Forza Italia e poi transitati nel governo giallo-verde. La seconda: il governo in sé, non riponendo Bertarelli alcune seria speranza circa la coppia Salvini-Di Maio. L’alleanza Lega-M5S, anche se lui non dice, gli fa orrore. E così toglie il disturbo, perché Franco Bertarelli è, prima di tutto, un uomo libero.