Una strana interpretazione della ‘par condicio’ mette in imbarazzo i sindaci: in quanti capi delle pubbliche amministrazioni non possono dire pubblicamente se voteranno ‘sì’ oppure ‘no’ al referendum del prossimo 4 dicembre. Ma il divieto non vale né per Renzi né per i suoi ministri
7 NOVEMBRE 2016
ROMA – Se chiedete ai sindaci di pronunciarsi sul referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre, molti di loro vi mostreranno una lettera: è firmata dal Corecom (l’autorità che vigila sul rispetto della ‘par condicio’) e fa presente il divieto per le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di propaganda e di comunicazione. Dal momento che i sindaci sono i capi delle rispettive amministrazioni, ne consegue che non possono esporsi e prendere posizione sul referendum? Qualcuno pensa di sì, anche se non mancano i ‘ribelli’.
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Per Renzi nessun divieto
Strana nazione l’Italia: un sindaco di un comune di 800 anime non può dichiarare pubblicamente il suo orientamento a un referendum costituzionale, perché così facendo influenzerebbe indebitamente gli elettori, mentre il capo del governo e i suoi ministri possono tranquillamente fare propaganda, girando la nazione e sconfinando pure all’estero. Di Matteo Renzi, per esempio, tutti conoscono l’orientamento: è lui ad aver voluto questa riforma; è lui ad aver detto che il ‘sì’ cambia l’Italia e la proietta nel futuro; è sempre lui ad aver detto (salvo poi cambiare idea spaventato dai sondaggi) che si sarebbe ritirato dalla politica in caso di vittoria del ‘no’; è ancora lui ad aver mobilitato ministri e partito per una campagna elettorale permanente a sostegno della riforma. Sarebbe utile sapere se, per il Corecom, l’esposizione mediatica del premier possa, in qualche modo, influenzare gli elettori oppure no.
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L’escamotage di Mattarella
D’accordo, non è il Corecom ad applicare le leggi e quella sulla ‘par condicio’ è piena zeppa di paradossi. Però il buon senso, a volte, vale più di una norma un po’ assurda, vetusta e inadeguata, al punto tale da sembrare ormai una barzelletta. E infatti persino il presidente della repubblica, Sergio Mattarella, trova un escamotage per far capire che voterà ‘sì’. E’ stato il fondatore de ‘La Repubblica’, Eugenio Scalfari, a rivelarlo con un editoriale: “Il presidente è favorevole al referendum costituzionale che pone fine al bicameralismo perfetto”. Il Quirinale non ha smentito, non ha proferito verbo. Imbarazzante, anche se lo è sempre di meno dell’ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che non faceva l’arbitro quando era nel pieno delle sue funzioni, figuriamoci adesso.
Il merito della riforma
Però il problema sono i sindaci, che non possono schierarsi, perché se no si altera il voto democratico. Davvero, in questa nazione, non si sa più se ridere o piangere. Anche perché si continua a parlare di tutto, tranne che del merito della riforma costituzionale, l’unica cosa veramente importante.