Il referendum costituzionale riguarderà il taglio dei parlamentari

21 AGOSTO 2020

di Francesca Ceriani

MILANO – Il referendum costituzionale, che avrebbe dovuto svolgersi il 29 marzo scorso, è stato rimandato, a causa della pandemia da Coronavirus, alla fine dell’estate. Il 20 e il 21 settembre, infatti, gli italiani saranno chiamati a votare per il taglio dei parlamentari.

Il quesito del referendum

Partiamo dal testo del quesito. Gli elettori sulla scheda troveranno scritte le seguenti righe: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?». Si chiede quindi agli italiani di confermare il testo di legge approvato dal parlamento lo scorso 8 ottobre 2019 sulla riduzione del numero di parlamentari. Per approvare il taglio, quindi, bisognerà votare ‘sì’. Al contrario, bisognerà barrare il ‘no’. Essendo un referendum costituzionale confermativo, non è necessario il raggiungimento del quorum.

Quando si vota

Le urne saranno aperte domenica 20 settembre dalle 7 alle 23 e lunedì 21 settembre dalle 7 alle 15. Sempre durante l’election day, in 7 regioni si voterà anche per il rinnovo dei Consigli regionali e dei governatori (le elezioni riguardano Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia). Negli stessi giorni si svolgeranno anche le elezioni amministrative in oltre mille Comuni italiani. Nell’Altomilanese si vota per eleggere un nuovo sindaco a Cuggiono, Parabiago e Vittuone.

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Per cosa si vota al referendum

La riforma costituzionale degli articoli 56, 57 e 59, approvata l’anno scorso e ora interessata dal referendum, prevede la riduzione del numero dei parlamentari dall’attuale totale di 945 (oltre ai senatori a vita) a 600 in tutto: il taglio, se approvato con il sì, abbasserà i deputati da 630 a quota 400 e i senatori da 315 a 200. I senatori a vita potranno essere massimo 5. L’Italia ha oggi, con 945 parlamentari eletti e 60,4 milioni di abitanti, un rapporto di 1 eletto ogni 64.000 persone. Con il taglio e con 600 parlamentari eletti, il nostro Paese avrebbe un rapporto di un eletto ogni 101.000 persone.

Il risparmio

A calcolare il reale risparmio che si avrebbe se dovesse passare la riforma, è l’agenzia di stampa Agi. In base a quanto riporta il bilancio della Camera, nel triennio 2018-2020, per pagare indennità e rimborsi a 630 deputati, lo Stato spende ogni anno 144,9 milioni di euro (230.000 euro a deputato ogni anno). Con la riduzione a 400 parlamentari, si creerebbe un risparmio potenziale di 52,9 milioni di euro all’anno. Per il Senato, invece, ci sarebbe un risparmio potenziale di 28,7 milioni di euro annui (attualmente ogni membro di Palazzo Madama costa 249.600 euro all’anno). Tra Camera e Senato, quindi, il risparmio sarebbe di circa 81,6 milioni di euro all’anno. Una stima che, tuttavia, può essere arrotondata per eccesso fino a 100 milioni risparmiati ogni anno. Questa cifra rappresenta lo 0,005% del debito pubblico italiano e un seicentesimo di quanto spende ogni anno lo Stato per gli interessi sul debito pubblico.

Le ragioni dei due schieramenti

Chi è favorevole al taglio dei parlamentari, riforma simbolo e cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, sostiene che votando “sì” si avrà non solo un risparmio per lo Stato, ma si renderanno anche più efficienti le due Camere, dove spesso si consumano dibattiti infiniti. I comitati del “no”, invece, sostengono la necessità di una riforma più ampia, dove affiancare al taglio numerico dei parlamentari anche altri correttivi. Tra le ragioni del “no” anche il calo di rappresentatività, con la penalizzazione per le regioni più piccole.

I sondaggi

Un sondaggio di Lab2101 sul referendum per il taglio dei parlamentari, realizzato tra il 14 e il 17 agosto, vedrebbe nettamente in vantaggio il “sì”. I risultati evidenziano che il 72,4% degli italiani è intenzionato a votare a favore, mentre solo il 27,6% è contrario. Da un sondaggio realizzato da Ipsos per il Corriere della sera, però, si evince che soltanto il 28% degli italiani è a conoscenza del quesito per cui si voterà il prossimo 20 e 21 settembre.