Il liceo Manzoni di Magenta, finito sotto inchiesta da parte degli ispettori ministeriali, è una scuola ‘paritaria’, cioè privata ma legalmente riconosciuta. I vertici respingono le accuse e si dicono pronti a chiarire ogni cosa. Ma il volto oscuro dell’istruzione sono le scuole private ‘pure’, che non rilasciano titoli e mandano gli alunni a sostenere gli esami altrove, dove le famiglie pagano cifre da capogiro per procurare un diploma ai figli

31 MARZO 2016

di Redazione

MAGENTA (MILANO) – E’ l’altro volto dell’istruzione, quella privata. Ed è un giro d’affari di proporzioni gigantesche, che in Lombardia sfiora i 750 milioni l’anno. Nella regione più ricca d’Italia, le scuole sono 9.723, di cui 2.337 private (più di un quarto del totale dell’offerta formativa). Ma non tutte le private sono uguali: alcune, circa 180, sono ‘paritarie’, ovvero riconosciute legalmente. La differenza non è cosa da poco. Mentre le private ‘pure’ possono solo preparare gli alunni (i quali poi devono andare in altri istituti a farsi riconoscere l’anno scolastico oppure a sostenere la maturità, spendendo cifre elevatissime, tali da far pensare che alcuni titoli vengano elargiti con molta facilità, ma ne parleremo più avanti), la scuola paritaria – in genere istituti a carattere religioso – rilascia titoli e diplomi che hanno valore legale. Inoltre, incassa soldi dallo Stato. Tanti soldi: centinaia di milioni. Al punto che da decenni tiene banco un dibattito sulla libertà d’insegnamento, tra chi ritiene che sia giusto investire soldi pubblici anche nelle scuole private e chi, invece, contesta tale decisione, rifacendosi alla Costituzione Italiana, la quale ribadisce che l’istruzione privata debba avvenire “senza oneri per lo Stato”.

Il caso Magenta

Il liceo Manzoni di Magenta rientra in quest’ultima categoria: scuola paritaria, dove le rette costano dai 3.000 ai 4.500 euro e dove lo Stato arriva a coprire fino al 25 per cento per gli studenti con redditi bassi.

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Le indagini

Perché il liceo Manzoni è finito nel mirino degli ispettori ministeriali? Su cosa, di preciso, indaga l’Ufficio scolastico regionale? In questo caso una risposta possibile c’è. A fornirla è il dirigente tecnico dell’ufficio ispettori, Mario Maviglia: “I criteri da cui partiamo per fare indagini sulle scuole private sono sostanzialmente due: da una parte le segnalazioni che ci vengono dai nostri uffici periferici, ossia gli uffici scolastici territoriali in quanto si tratta di scuole in qualche modo conosciute sul territorio, dall’altra analizziamo gli scostamenti significativi tra alunni iscritti alle prime classi (pochi) e gli alunni frequentanti le classi finali (molti)”. A insospettire gli ispettori, dunque, sarebbero stati questi due indicatori. Ed evidentemente – anche se il Manzoni respinge al mittente ogni addebito – hanno trovato qualcosa di non convincente, al punto da revocare la ‘parità’ scolastica, privando per il momento il liceo magentino della possibilità di elargire titoli e diplomi legalmente riconosciuti.