Truffa sui fondi Covid: indagato e processato, 35enne di Bernate Ticino assolto dal Tribunale di Milano. Esulta l’avvocato difensore, Roberto Grittini
BERNATE TICINO (MILANO) – Truffa sui fondi Covid: assolto 35enne di Bernate Ticino. L’uomo aveva chiesto aiuto allo Stato, durante la pandemia, ottenendo un contributo da 30.000 euro per la sua impresa agricola grazie ai decreti Covid: fortemente voluti dall’allora premier Giuseppe Conte, tramite quegli strumenti normativi il governo erogò liquidità alle aziende per evitare il collasso del tessuto industriale italiano.
Truffa sui fondi Covid
Secondo la Procura di Milano, però, i bilanci prodotti dall’uomo erano stati appositamente truccati e gonfiati per ricevere più soldi. Indagato e processato, è stato assolto pochi giorni fa dal Tribunale di Milano. Protagonista di questa incredibile vicenda giudiziaria un 35enne residente a Bernate, titolare di un’azienda agricola con sede nello stesso paese.
Le indagini della Guardia di Finanza
Ad accendere i riflettori sulla richiesta dell’uomo è, in un primo momento, la Guardia di Finanza di Magenta: i militari della Città della Battaglia sono convinti che i bilanci presentati dal 35enne in sede di richiesta di contributo siano stati taroccati ad arte per portare a casa più soldi. Nello specifico, secondo i finanzieri, il bernatese avrebbe indicato un reddito d’impresa superiore a 170.000 euro, a fronte di un reddito reale che non supera nemmeno i 10.000 euro. L’uomo, a quel punto, viene indagato dalla Procura della Repubblica di Milano in base all’articolo 316 ter del codice penale, che punisce la “indebita percezione di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato”, con una pena che va dai 6 mesi ai 3 anni di carcere.
Il processo e l’assoluzione
Rinviato a giudizio, il 35enne bernatese – difeso dall’avvocato Roberto Grittini (in foto) – deve difendersi dalle accuse davanti al giudice. Il pubblico ministero, Samek Lodovici, chiede per l’imprenditore 1 anno e 6 mesi di reclusione, ma il Tribunale dà ragione al legale difensore. Esito: assoluzione piena, pronunciata dal collegio della settima sezione penale (presidente Paola Maria Braggion). Crollato l’impianto accusatorio, a parlare è l’avvocato Grittini: “Siamo in Italia – commenta – prima si eroga e poi si controlla. Se il mio assistito avesse indicato il reddito effettivo, il contributo sarebbe stato in ogni caso concesso. Nel Belpaese prima si concede, poi si controlla e si censura.
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La Procura farà appello?
Ora si vedrà se la Procura di Milano vorrà fare ricorso contro la sentenza di primo grado del Tribunale: in quel caso, si aprirà un nuovo capitolo di una vicenda giudiziaria che, per ora, ha visto incassare dalla difesa un innegabile successo.