Nell’Altomilanese, a Legnano e Magenta, ci sono due centri antiviolenza, dove le donne possono recarsi per trovare aiuto e protezione
31 GENNAIO 2018
LEGNANO-MAGENTA (MILANO) – E’ uno dei problemi sociali più complicati, quello della violenza sulle donne. Un vero e proprio male che, nel nostro paese, colpisce ancora tante donne. Troppe. Non sempre si può fermare questo fenomeno. A volte, la violenza, rimane confinata tra le mura domestiche, in silenzio, lontana dagli sguardi. Nessuno sa, perché nessuno denuncia. Sul nostro territorio, l’Altomilanese, si prova tuttavia a fare qualcosa di importante. A Magenta e Legnano, per esempio, esiste un centro antiviolenza. Uno di quei luoghi dove le vittime di abusi possono rivolgersi e, in casi estremi, ottenere anche protezione. A gestire il tutto ci pensano ‘Filo rosa auser’ e ‘Telefono donna’. Due realtà nate per combattere questa battaglia. A supportare i due centri, poi, una vera e propria ‘Rete antiviolenza’, alla quale hanno aderito una cinquantina di comuni dell’hinterland, oltre alle forze dell’ordine e parecchie associazioni del territorio.
Violenza in aumento
Libera Stampa l’Altomilanese ha raccolto qualche numero sul fenomeno della violenza nel nostro territorio. Dall’inizio del 2017 sono state 287 le donne che si sono rivolte ai due centri di Magenta e Legnano. Si tratta di 191 casi in più rispetto al 2016. Tra queste vittime ci sono 16 casi considerati ad alto rischio. Altre 11 donne, invece, si trovano attualmente sotto protezione in località sconosciute, perché rischiano la vita: uscire e mostrarsi potrebbe essere fatale.
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Scarsa cultura
Ma ci sono anche altri numeri. La fascia d’età media delle donne che si rivolgono al centro va dai 35 ai 50 anni. La gran parte di loro, oltre il 50%, possiede solo un titolo di licenza media. E questo, per gli operatori che nei centri ci lavorano, è un dato più significativo di quanto si possa pensare. Di fatto, il grado di istruzione può incidere sulla capacità che una donna possiede di emanciparsi. Gli abusi subiti, poi, non sono mai solo e soltanto fisici, ma di natura psicologica. Questa violenza è esercitata prevalentemente da mariti e conviventi.
La ‘Rete antiviolenza’
“La Rete – spiega Mirco Fagioli, responsabile dell’Agenzia della tutela della salute di Città Metropolitana – è stata forte e si è imposta sul territorio. Non in tutti i luoghi questo è possibile”. E ancora: “I dati ci mostrano non tanto che il fenomeno della violenza sta aumentando, ma piuttosto che sta emergendo. Sono in corso studi scientifici per comprendere le ragioni che portano alcuni uomini a maltrattare. Su questo territorio, poi, c’è stata una volontà politica. Anche questo ha permesso l’esistenza della Rete”. Un fenomeno che riempie le pagine dei giornali solo nei casi più eclatanti. Ma il problema è culturale e solo oggi si inizia a parlarne. Quella raccontata dai numeri è la punta dell’iceberg: ciò che preoccupa è il mondo sommerso, quello che nessuno vede né vuole vedere.