In ‘zona arancione’ (anche rinforzata) le scuole devono restare aperte per i figli degli operatori sanitari e di altri lavoratori che svolgono “servizi essenziali”. Lo dice un Dpcm del Governo e una nota della Regione, ma tanti sindaci e docenti fanno finta di nulla
MILANO – ‘Zona arancione rinforzata’ (un modo diverso per dire ‘zona rossa’) significa (anche) chiusura di tutte le scuole, salvo gli asili nidi. Ma non è del tutto vero, perché in base a un Dpcm del Governo e una nota della Regione le scuole possono restare aperte per alcune categorie di studenti.
Le eccezioni
La prima eccezione riguarda gli studenti diversamente abili. E nessuno lo mette in dubbio. Ma c’è anche un’altra categoria di alunni ad avere diritto alla didattica in presenza: i figli degli operatori sanitari e del “personale impiegato presso altri servizi pubblici essenziali”.
Le categorie
Cosa si intende, di preciso, per “personale sanitario”? Lo spiega una nota del del Ministero dell’Istruzione (datata 5 novembre 2020), a seguito del Dpcm del Governo del 3 novembre 2020: “Nell’ambito di specifiche, espresse e motivate richieste, attenzione dovrà essere posta agli alunni figli di personale sanitario (medici, infermieri, Oss e Osa), direttamente impegnato nel contenimento della pandemia in termini di cura e assistenza ai malati”. Più difficile comprendere cosa si intende invece per “personale impiegato presso altri servizi pubblici essenziali”.
L’interpretazione
Si discute in queste ore per interpretare la norma. Chi sostiene un’interpretazione estensiva spinge per concedere il diritto alla didattica in presenza anche ai figli dei dipendenti pubblici (che tengono aperti gli uffici per erogare servizi ai cittadini). Ma anche ai figli di chi lavora nei settori essenziali di attività rimaste aperte anche in ‘zona arancione rinforzata’. Si tratta cioè del settore alimentare, delle farmacie, delle edicole, dei parrucchieri. Stesso diritto avrebbero anche i figli del personale amministrativo di ospedali, ambulatori e case di cura.
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Norma ignorata
“Vi sono deroghe a quanto previsto in tema di sospensione dei servizi scolastici in presenza”, recita una nota di Regione Lombardia, emessa a seguito dell’ordinanza del 4 marzo 2021 sulla ‘zona arancione rinforzata”. Eppure sia la maggioranza dei sindaci e dei dirigenti scolastici sembra ignorare questa possibilità, che obbligherebbe i docenti a sospendere la didattica a distanza da casa e presentarsi a scuola.
Diritti dei genitori
Tocca quindi ai genitori far valere i propri diritti e quelli dei loro figli, chiedendo ai dirigenti scolastici di tenere aperte le scuole, se vi sono alunni che rientrano nelle categorie citate dal Dpcm del Governo. Se lo facessero, nessun preside potrebbe opporsi.