Una funzionaria del Comune di Cuggiono, nel Milanese, si dimentica di firmare il permesso per lo scarico delle acque reflue in fogna di una conceria del paese: la società viene multata per 30.000 euro

15 APRILE 2019

di Alessandro Boldrini

CUGGIONO (MILANO) – Si è conclusa con una multa di 30.000 euro la vicenda giudiziaria che ha visto come protagonista la ‘Bonaudo Spa’, storica conceria con sede al civico 77 di via IV Novembre a Cuggiono, nel Milanese.

Il processo

La ditta era infatti imputata insieme al suo procuratore delegato ambientale, Domenico Rocco Guinzio (poi assolto), in un procedimento riguardante un presunto scarico di acque reflue industriali non autorizzato nella fogna pubblica. Processo che si è concluso con un nulla di fatto, visto che “né Bonaudo né alcuno dei suoi esponenti – spiega il legale dell’azienda, l’avvocato Marco Pallucchini – sono stati condannati in sede penale per reati ambientali; Bonaudo è stata condannata soltanto a pagare una sanzione amministrativa”.

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I fatti

Ma facciamo un passo indietro. L’inizio di questa travagliata vicenda risale all’estate del 2014, quando l’Ato (Ambito territoriale ottimale) ravvisa delle irregolarità nello scarico delle acque reflue derivanti dal trattamento dei pellami in fogna, effettuato a suo dire senza autorizzazioni, e decide di trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica di Milano. Eppure la ditta, negli anni precedenti, aveva continuato a eseguire questa pratica proprio perché convinta di avere tutte le autorizzazioni necessarie, avendo ottenuto i nulla-osta dal Comune di Cuggiono e dagli enti preposti, avendo sempre pagato le tasse per lo smaltimento dei fanghi e i canoni per la depurazione delle acque, e avendo perfino investito milioni di euro nella costruzione di un sofisticato sistema di depuratori apposito per svolgere queste funzioni.

Il permesso ‘mancante’

In realtà – e qui subentra il ruolo chiave del Comune – quell’autorizzazione non era mai stata formalmente redatta. Il motivo? “Circa quattro anni fa – aggiunge l’avvocato Pallucchini – all’atto del rinnovo dell’autorizzazione unica ambientale (di durata decennale, ndr), i tecnici degli enti preposti si sono accorti che il Comune di Cuggiono, ai tempi competente al rilascio dell’autorizzazione, si era dimenticato di formalizzare la stessa”. Una dimenticanza – ammessa durante il dibattimento anche dalla stessa funzionaria del Comune – che ha finito per costare caro all’azienda, uscita sconfitta da tutti e tre i gradi di giudizio.

L’avvocato dell’azienda: “Vicenda assurda”

“La pronuncia della Cassazione è l’epilogo di un lungo, doloroso e complesso contenzioso – commenta il legale – in cui Bonaudo si ritiene la vittima di una burocrazia che né si è assunta le responsabilità dei propri errori né ha applicato la legge in base alla sostanza, aggrappandosi piuttosto a principi di mera forma. L’assurdo della vicenda è dato dal fatto che a parere dei giudici, Bonaudo, dal momento della scoperta di essere in mancanza dell’autorizzazione e sino all’ottenimento della stessa (per circa otto mesi, ndr) avrebbe dovuto smettere di scaricare le proprie acque nella fognatura comunale a sua volta depurata. Questa argomentazione – conclude – avrebbe portato come assurda conseguenza la chiusura dello stabilimento con cessazione dell’attività con danni enormi per Bonaudo e per i suoi 200 dipendenti, senza che ne derivassero vantaggi ambientali di sorta”.