A Magenta 20 casi, a Mesero 9 decessi e personale sanitario decimato, a Legnano muore un infermiere di 50 anni: nelle Rsa private bugie sui contagi e morti sospette

di Ersilio Mattioni

5 APRILE 2020

ALTOMILANESE – Le case di riposo del territorio sono allo sbando. E se quelle pubbliche, perlomeno, garantiscono un minimo di trasparenza, in quelle private si insabbiano i casi di contagio e non si dice la verità, rischiando di falsare le statistiche e, soprattutto, di minare la salute sia dei degenti sia degli operatori sanitari. Categoria che, per settimane, è stata costretta in alcuni casi a lavorare senza protezioni.

Morto un infermiere di 50 anni

In molti si sono ammalati e giovedì 2 aprile, l’infermiere di 50 anni Oualid Ayachi – residente a Novara e in servizio da 10 anni al Sant’Erasmo di Legnano – è morto, lasciando la moglie e i suoi 4 figli. Aveva contratto il virus 20 giorni fa e all’improvviso le sue condizioni si sono aggravate.

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Silenzio assordante

Nonostante la situazione sia fuori controllo, tutti tacciono. A parlare, invece, sono i parenti degli anziani e gli infermieri. Lo fanno però dietro la garanzia dell’anonimato. Hanno paura di ripercussioni e questo la dice lunga sul clima che si respira negli ospizi. Eppure proprio il Sant’Ersamo, in tempi non ancora così sospetti, lo aveva detto. A inizio marzo era partita un’accorata richiesta ad Ats di eseguire i tamponi sia ai degenti della casa di riposo sia agli operatori sanitari. La risposta dell’Azienda sanitaria era stata netta, mettendo nero su bianco di non essere nelle condizioni di procedere.

L’esposto del Sant’Erasmo

Ne era seguito un esposto in Procura da parte dei vertici della Rsa legnanese, con tanto di allarme sui rischi altissimi che si stavano correndo: “Il rifiuto di Ats a effettuare i test diagnostici su ospiti e personale sintomatici è palesemente illegittimo, ingiustificato e soprattutto foriero di grave pericolo per l’incolumità dell’intera città di Legnano”. Le maniere forti, alla fine, avevano funzionato, ma il ritardo aveva comunque generato problemi seri tra il personale, dopo che una paziente era stata ricoverata, risultando positiva al Covid-19 e infine morendo.

Salute a rischio

Ed è proprio il dato sui decessi da Coronavirus a destare maggiore preoccupazione: quanti sono? Nessuno lo dice. Nelle case di riposo private, in molti casi, non viene neppure eseguito il tampone post mortem. Il che altera le statistiche ma, soprattutto, mette a rischio la salute degli altri degenti e del personale, sanitario e amministrativo.

La Don Cuni di Magenta

A Magenta intanto, alla Rsa don Cuni, 20 anziani sono ammalati di Covid-19 e si è provveduto a collocarli in un’ala protetta dell’edificio. Nessuno ne ha dato comunicazione e ancora ci si chiede come abbia fatto il contagio a diffondersi in maniera così estesa. Il sindaco, Chiara Calati, si è limitata a dire che la don Cuni non è un luogo idoneo per ospitare le persone in via di guarigione appena dimesse dall’ospedale, ma senza spiegare cosa sta succedendo nella casa di riposo cittadina.

9 morti a Mesero

A Mesero, invece, il sindaco Davide Garavaglia ha deciso di rendere noti i dettagli: “Ci sono stati 9 morti, 2 anziani sono sotto ossigeno e altri 15 hanno la febbre. Anche gli operatori sanitari si sono ammalati: su 25 persone ne sono rimaste 8 in salute. Da tempo abbiamo chiuso la Rsa alle visite dall’esterno e siamo in costante contatto con la direzione sanitaria e con Ats. Stiamo chiedendo con insistenza di fare i tamponi al personale sanitario, ma purtroppo non verranno fatti agli ospiti. Cerchiamo di intervenire e di dare il massimo, ma bisogna dire che la situazione è davvero molto critica”.

Le bugie delle case di riposo private

Tra Abbiategrasso e Magenta, tra Castano Primo e Legnano, tra Parabiago e Rho ci sono circa 50 case di riposo. Molte sono private. Ed è proprio in queste strutture che si fatica a comprendere cosa sta avvenendo. Si intensificano le lamentele da parte del personale sanitario, che protesta per aver ricevuto le protezioni personali con grave ritardo. I parenti dei degenti invece accusano apertamente i gestori di insabbiare i casi di contagio e di non informare le famiglie circa la reale situazione all’interno degli ospizi.

Il grido d’allarme

Intanto, dopo la pubblicazione della nostra inchiesta, si moltiplicano i messaggi e le mail giunte in redazione da parte degli operatori sanitari delle Rsa e dei parenti degli anziani. Ci vengono segnalate situazione gravissime e comportamenti vergognosi, che mettono a rischio la salute dei degenti e dei lavoratori. Sarà nostra cura svolgere tutte le verifiche per pubblicare, settimana prossima, la seconda puntata.