Un viaggio-inchiesta nella Rsa Mario Leone di Mesero fa emergere verità sconcertanti. Per settimane nessuna precauzione. Altissimo il numero di decessi e personale ridotto al minimo. Evacuata la struttura senza fare il tampone agli anziani. I parenti: “Ci dicono di non telefonare più”

9 APRILE 2020

di Arianna Laura Timeto

MESERO (MILANO) – Reticenza, disorganizzazione e innosservanza delle precauzioni. Queste sono alcune delle parole che esprimono i parenti degli ospiti della Rsa Mario Leone per raccontare la situazione drammatica che si sta vivendo nelle ultime settimane nella residenza per anziani del comune di Mesero.

22 decessi

Nel corso dell’ultimo mese i decessi con sintomatologie riconducibili al Covid-19 sono arrivati a 22 e quasi altrettanti sono i contagi. Si usa il termine “riconducibili”, perché solo i pazienti trasferiti nei nosocomi limitrofi sono stati sottoposti al tampone per accertare la presenza del Coronavirus, tutti gli altri non vengono conteggiati come vittime della pandemia in corso, ma di ordinarie influenze stagionali, polmoniti improvvise o complicazioni di patologie pregresse.

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Personale decimato

Il personale in servizio è decimato: lo scorso venerdì erano operativi solo 2 operatori socio-sanitari, nessun medico e nessun infermiere dei 34 che si contano a pieno regime, al punto che è stato necessario evacuare la struttura e trasferire 18 ospiti asintomatici in altre Rsa del Milanese e del Pavese, gestite dalla medesima società che coordina la struttura meserese: Coopselios.

Quadro preoccupante

Un quadro complessivo che ogni giorno diventa sempre più preoccupante, in un contesto incerto, senza precedenti, in cui è sicuramente difficile prevedere le conseguenze e agire con prontezza e lucidità. Tuttavia ci sono due cose che si possono (e si devono) fare in circostanze come questa: prendere le giuste precauzioni e garantire trasparenza su quello che succede. La prima come dovere civico, per contenere quanto possibile la diffusione di un virus sconosciuto e molto aggressivo; la seconda come dovere morale, per poter agire prontamente a tutela degli ospiti e del personale sanitario.

Mancata trasparenza

Purtroppo – secondo il parere di molti parenti degli ospiti della Rsa – questi ultimi due punti sono venuti meno, contribuendo a generare la situazione sempre più critica che si sta vivendo a Mesero, una situazione dominata dalla reticenza, nonostante parenti degli anziani e cittadini stiano da settimane chiedendo chiarezza e risposte su quello che avviene dentro le mura dell’ospizio privato.

Domande inevase

Cosa sta succedendo davvero nella Rsa Mario Leone di Mesero? Qual è il numero esatto di decessi e quello dei contagiati attualmente ospitati dalla struttura? Sono state prese tutte le precauzioni sufficienti a tutelare la salute dei degenti e del personale in servizio? Abbiamo cercato di dare una risposta a queste e ad altre domande sollevate dai parenti della struttura.

Il silenzio di Coopselios

Per avere informazioni aggiornate e precise, nonché per rispondere ai quesiti ancora irrisolti, è stata contattata Coopselios, il cui ufficio stampa non ci ha purtroppo ancora fornito la disponibilità a un’intervista con i dirigenti, a causa della situazione di emergenza in cui dichiara di trovarsi. Non appena Coopselios ci risponderà, potremo riportare anche punto di vista dei gestori.

Parla il sindaco

Abbiamo inoltre cercato di comprendere meglio la situazione della casa di riposo meserese insieme al sindaco della città, Davide Garavaglia, che ci ha invece rilasciato una lunga e dettagliata intervista.

Sindaco, qual è la situazione attuale presso la RSA Leone?

“La situazione purtroppo è ancora molto critica: al 9 marzo i pazienti presenti in struttura sono 23, molti dei quali contagiati e in condizioni precarie; sono 6 gli operatori al momento in servizio. La scorsa settimana 18 persone sono state trasferite in altre Rsa gestite da Coopselios, 2 delle quali purtroppo sono decedute negli ultimi giorni. I decessi totali al momento sono 22. La struttura nel corso della settimana è stata sanificata e ogni persona rimasta ha una sua camera separata”.

Alcuni parenti sostengono che non sono state prese sufficienti precauzioni all’interno della struttura: fino al 22 marzo si continuavano a svolgere regolarmente le attività sociali, quali pranzo e cena, nella sala comune, oltre agli allenamenti nella palestra. In quella data pare che alcuni ospiti avessero già febbre alta e altri sintomi riconducibili al Covid-19, le risulta? E se sì, come mai le attività sono continuate regolarmente? Non sarebbe stato più opportuno sospendere i momenti di socialità lasciando gli anziani nelle proprie stanze?

“Vista l’emergenza in corso credo sarebbe stato opportuno sospendere i pranzi e le cene nelle sale comuni. Il 22 marzo buona parte del personale era già in malattia, probabilmente i pochi presenti non erano in grado di servire il pasto in camera a tutti i 60 ospiti, il tutto continuando a prestare le cure necessarie”.

Nel complesso ritiene che le precauzioni e le misure di sicurezza siano state osservate al 100%?

“Relativamente alle precauzioni, Coopselios tramite un comunicato stampa datato 3 aprile si difende dalle accuse di non aver disposto di materiale sanitario a sufficienza per fronteggiare l’emergenza Covid-19, spiegando di aver effettuato un ordine importante di merce che al momento è stata bloccata in dogana”.

Nei giorni successivi a quel 22 marzo vengono comunicati i primi decessi, ma i tamponi continuano a non essere effettuati. Come mai? Solo il 28 marzo, quando un paziente viene trasferito in un ospedale della zona in condizioni critiche, viene fatto il primo tampone, risultato positivo al Covid-19. Nemmeno il personale sanitario è stato tamponato?

“La scelta di fare o meno Il tampone compete ad ATS, che non ha  ritenuto di effettuarli, né agli ospiti né al personale sanitario. Purtroppo anche molti medici e infermieri in prima linea negli ospedali non hanno potuto sottoporsi a tamponi. Al momento so che il personale sanitario verrà tamponato e forse anche gli ospiti rimasti nella struttura”.

Alcuni parenti sostengono che la Rsa Mario Leone in diverse occasioni non ha mostrato trasparenza, anzi, ha cercato di nascondere quello che avveniva, dando risposte sommarie e intimando addirittura ai parenti di non telefonare più. Le sembra eticamente corretto questo comportamento? Una parente di un degente in condizioni molto critiche, sostiene di aver ricevuto questa risposta: “Non ha decenza nel chiamare in questa situazione, senta i telegiornali”. Comprensibile la pressione di queste giornate, doverosa però una risposta professionale ed educata, nel rispetto del degente e della sua famiglia. Cosa ne pensa?

“Sono sicuramente d’accordo su questo ultimo punto: l’educazione e la sensibilità sono valori che devono essere sempre rispettati. La Rsa si è difesa dicendo che il personale in servizio era davvero poco e non sufficiente per seguire tutte le chiamate dei parenti. E a proposito di trasparenza è bene fare luce su un’altra questione spinosa: fin dall’inizio dell’emergenza io stesso ho fortemente consigliato a Coopselios di dare la possibilità ai parenti degli ospiti di interrompere i contratti e ove possibile di farli rincasare, perchè la situazione avrebbe potuto complicarsi e diventare ingestibile, com’è successo. Tuttavia questa possibilità non è mai stata offerta a nessun ospite. Non riesco a capire come mai, io purtroppo non ho potuto intervenire: la struttura è privata la sua gestione è a discrezione di Cooperativa. Poteva essere un provvedimento utile a salvare delle vite”.

Sindaco, ha mezionato un calo drastico dell’organico, che lo scorso venerdì contava solo 2 operatori socio-sanitari), nessun medico e nessun infermiere. In questo momento di estrema urgenza, secondo alcune testimonianze, Coopselios avrebbe chiesto ai dipendenti dell’asilo cittadino di prestare servizio in Rsa e svolgere da un giorno all’altro una nuova mansione, in un contesto di emergenza sanitaria. Alcuni dipendenti – dicono le persone interpellate – avrebbero preferito rassegnare le dimissioni piuttosto che dover gestire in punto in bianco una situazione del genere. Ne è al corrente?”

“Sì, ne sono al corrente: hanno chiesto ai dipendenti dell’asilo di prestare servizio di pulizia e altre mansioni non riguardanti l’assistenza alla persona. Confermo che nessuno ha accettato il lavoro. Ad ogni modo si tratta di personale assunto da loro, quindi anche in questo caso la richiesta è stata fatta a loro discrezione”.

Coopselios in una nota stampa datata 1 aprile dà comunicazione di un elevato tasso di assenteismo del personale, che ha reso necessaria l’evacuazione della struttura: 18 pazienti asintomatici vengono trasferiti in altre strutture gestite dalla cooperativa, nel Milanese e nel Pavese. La Rsa dichiara di aver visitato i pazienti prima di procedere con lo spostamento, ma la domanda, ancora senza risposta, è la seguente: il tampone è stato fatto a queste persone? Il virus, come si è appreso, spesso è silente e rimane in incubazione fino a 2 settimane prima di manifestarsi. Cosa può dirci?

“Posso confermare che il tampone non è stato fatto”.

Si apprende che un ospite trasferito in una Rsa del Pavese è deceduto nelle successive 24-48 ore, a causa di importanti complicazioni respiratore improvvise e comuni nei pazienti Covid-19. Dato che i tamponi non sono stati fatti, si è pensato all’incolumità degli ospiti e del personale sanitario delle altre Rsa? Qual è il suo commento in merito?

“Confermo che due persone trasferite sono decedute poche ore dopo a causa di complicanze respiratorie. Non so in quale condizioni di salute si trovino ora gli altri pazienti e se le altre strutture avevano registrato casi di Coronavirus oppure no. Se mi fossi trovato nei loro panni avrei adibito un’intera Rsa al Covid-19, ma anche in questo caso in assenza di tamponi si poteva correre il rischio di contagiare quelle persone trasferite che non avevano ancora contratto il virus”.

I NUMERI DELLLA CASA DI RIPOSO

Pazienti totali: 60 (al 25 febbraio, momento della chiusura della struttura al pubblico), a cui si è aggiunto 1 ulteriore paziente nei primi giorni di marzo

Pazienti oggi in struttura: 23 (la maggior parte in condizioni precarie)

Pazienti trasferiti in altre Rsa: 18 (di cui 2 deceduti)

Decessi accertati: 22

Operatori sanitari in servizio: 6 (su un totale di 25)

LA CRONISTORIA

25 febbraio: il sindaco chiude la casa di riposo alle visite esterne

Il Sindaco di Mesero, Davide Garavaglia, alla luce dei primi episodi di contagio registrati nel lodigiano, decide di chiudere la RSA cittadina, così da poter tutelare il più possibile la salute degli ospiti, la categoria più vulnerabile.

22 marzo: due ospiti si ammalano, continuano pranzi e cene in sala comune e attività in palestra

Nonostante le misure restrittive adottate dal primo cittadino e i primi casi di Covid-19 registrati in città e nei paesi limitrofi, diversi parenti apprendono dai propri cari che fino al 22 marzo incluso sono proseguite le attività sociali all’interno della struttura, quali pranzo e cena nella sala comune. Non sono state sospese nemmeno le attività motorie presso la palestra della Rsa. Inoltre alcuni ospiti iniziavano a manifestare i sintomi tipici del Coronavirus: febbre alta, tosse e difficoltà respiratorie. Come mai le attività sono continuate regolarmente, nonostante le disposizioni del sindaco risalenti a quasi un mese prima e una situazione sanitaria sempre più compromessa? Non sarebbe stato più opportuno sospendere i momenti di socialità lasciando gli anziani nelle proprie stanze?

26 marzo: primi decessi, ma ancora nessun tampone

Il giorno 26 marzo il sindaco comunica ufficialmente il decesso di alcuni anziani ricoverati nella Rsa. I sintomi e le complicanze sopravvenute sono imputabili al Covid-19, ma non viene effettuato alcun tampone agli ospiti, anche in presenza di sintomi riconducibili al virus. Non è dato sapersi se invece il personale sanitario è stato sottoposto al test (la Rsa non l’ha mai reso noto).

28 marzo: tampone su un ospite trasferito in ospedale: è positivo

Un ospite viene trasferito in un nosocomio limitrofo per gravi complicanze respiratorie. Viene sottoposto al tampone: è ufficiale, si tratta di Covid-19. Gli altri ospiti della struttura intanto continuano a non essere tamponati.

29 marzo: aumentano contagi e decessi, personale decimato, cala il silenzio 

Un cittadino scrive su un gruppo Facebook di Mesero, chiedendo se qualcuno fosse al corrente di decessi sospetti nella Rsa Mario Leone. Scrive inoltre che non è più possibile nemmeno telefonare in struttura per essere aggiornati sulla condizione di sua madre, tanto che a un suo conoscente “è stato intimato di non telefonare più”. Un altro cittadini riferisce inoltre di aver ricevuto questa risposta: “Non ha decenza a telefonare in questa situazione, senta i telegiornali”. Emerge anche un altro grave problema: il personale sanitario della Rsa è nettamente ridotto e costretto a turni massacranti.

1 aprile: richiesta al personale dell’asilo di prestare servizio nella Rsa

Una fonte, che sceglie di rimanere anonima, racconta che Coopselios avrebbe chiesto ai dipendenti dell’asilo cittadino di prestare servizio alla Rsa. Il sindaco conferma tale notizia. Alcuni dipendenti, sempre secondo la fonte, avrebbero preferito rassegnare le dimissioni, piuttosto che dover gestire in punto in bianco una situazione del genere.

3 aprile: Trasferimento ospiti asintomatici in altre Rsa, i decessi salgono a 20

A causa del personale sempre più carente, la struttura viene evacuata e 18 pazienti asintomatici trasferiti in altre Rsa gestite da Coopselios, nel Milanese e nel Pavese. La Rsa dichiara di aver visitato i pazienti prima di procedere con lo spostamento, ma la domanda ancora senza risposta è un’altra: è stato prima eseguito il tampone? Il virus, come si è appreso, spesso è silente e rimane in incubazione fino a due settimane prima di manifestarsi. Le strutture dove sono stati spostati i degenti di Mesero erano già colpite dal virus o ancora indenni?

5 aprile: decesso di un’anziana trasferita in una Rsa del Varesotto

Si apprende che una signora ricoverata nella Rsa Mario Leone e trasferita in una Rsa del Pavese è deceduta nelle successive 24-48 ore, a causa di importanti complicazioni respiratore improvvise e comuni nei pazienti Covid-19.