L’ex primo cittadino Marco Invernizzi: “Se resta unito, il centrodestra vince”

di Ersilio Mattioni

MAGENTA (MILANO) – Non sarà in campo, non in prima persona. Anche se, ammette, in molti glielo chiedono. E non darà consigli non richiesti, neppure al Pd che, in quest’inizio di campagna elettorale, appare “privo di un’idea di città”. Marco Invernizzi – sindaco di Magenta dal 2012 al 2017, intellettuale di area e uomo libero – dipinge un quadro a tinte fosche: “La politica è pressoché morta. In Italia, i partiti devono affidarsi a Draghi, il salvatore della patria, perché non sanno più esprimere nulla. E a Magenta accade più o meno lo stesso, tanto che si parla del ritorno di Luca Del Gobbo”. L’ex primo cittadino non vuole polemizzare, né con gli avversari né con gli ex compagni di viaggio. Una cosa però sembra averla chiara: “Se il centrodestra resta unito, vincerà le elezioni”.

Invernizzi, nel 2021 lei si candidò sindaco dopo un anno di campagna elettorale e centinaia di incontri. Come farebbe oggi?

“Userei di più i social network, magari con tanti piccoli collegamenti mirati e cercando di coinvolgere gruppi di persone. Sarebbe più difficile, ma si può fare”.

E cosa direbbe ai no vax?

“Eviterei i toni apocalittici, le verità assolute da una parte e dall’altra. Se c’è una cosa che è mancata in questi anni di Covid è la copertura psicologica. Lo dicono i dati: il 30% della popolazione ha problemi più o meno gravi di questo tipo. Stare vicino a chi è solo, a chi non ha voce per reclamare i propri diritti, a chi legittimamente ha paura, a chi non è attrezzato per comprendere tutto. E’ una cosa di sinistra, ma non lo abbiamo fatto e i risultati sono devastanti”.

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In che senso?

“Nel senso che il dibattito sì vax e no vax è diventato un derby, esattamente come la politica degli ultimi 25 anni. Questo ha radicalizzato le posizioni e una persona con dubbi e paure, lasciata sola o peggio offesa e insultata, ha avuto come unici interlocutori la televisione e i social. Poi ci meravigliamo che vi siano milioni di complottisti no vax. Il Covid ha solo fatto esplodere ciò che era in corso da tempo”.

Da sindaco, lei cercò di declinare la politica sull’ascolto, però nel 2017 perdette le elezioni. Cosa non funzionò?

“Quando fui eletto, Emanuele Torreggiani disse: ‘Invernizzi ha vinto con la cultura’. Ma poi tutti (non lui) mi attaccarono proprio sulla cultura, che è invece la chiave di volta per costruire una politica diversa. Persino alcuni dei mei più stretti collaboratori, fino in fondo, non hanno mai creduto al mio progetto. Neppure al rilancio dell’area Ex Saffa, che avrebbe cambiato il volto della città e del territorio”.

Si riferisce a Paolo Razzano ed Enzo Salvaggio?

“Non voglio polemizzare. Che io e Paolo avessimo due modi diversi di intendere la politica era sotto gli occhi di tutti. Ed Enzo alla fine è stato più vicino a Paolo. E’ andata così”.

Perché le persone non vanno più a votare?

“Da decenni vince chi propone la formula più facile, con quella frase idiota che ‘La gente deve capire’. Allora succede che io ti do fiducia, anche rinunciando a ragionare e a dubitare. Ma poi la formula facile non risolve i problemi, ne resto deluso, non capisco più nulla e smetto di votare. Berlusconi, Renzi e Salvini sono finiti tutti allo stesso modo, cioè si sono esauriti”.

La ‘rivoluzione Invernizzi’ è proprio conclusa o ci sarà un ritorno in campo?

“Un mio impegno diretto in politica? No, anche se in molti me l’hanno chiesto. Nel dispiacere di vedere Magenta immobile e senza centralità, mi ha fatto piacere ascoltare tante persone, che nel 2017 non mi votarono e che se ne sono pentite. Ma oggi non ci sono le condizioni”.

Ha dato qualche consiglio al Pd, magari sulla scelta del candidato sindaco?

“Ho avuto con loro qualche confronto generale e sono sempre disponibile al dialogo, ma sulle questioni più politicamente rilevanti nessuno mi ha interpellato e io non sono invadente. Al centrosinistra dico solo che ci vogliono progetti. Con le polemiche sulle strade e sulle buche, non se ne esce più: lo faceva già il centrodestra con noi. Ho l’impressione che il Pd non abbia un’idea di città e che queste elezioni siano già segnate”.

Chi vincerà?

“Una previsione vale quello che vale, ma credo che se il centrodestra resta unito, vincerà le elezioni”.

Al di là del candidato sindaco?

“Penso di sì. Il giudizio sull’amministrazione Calati è poco lusinghiero, ma le elezioni quasi mai si vincono su ciò che hai fatto, bensì sulle suggestioni. E il centrodestra è più bravo a toccare le corde emotive. Non che mi piaccia, però è un fatto”.

Eppure il centrodestra è preoccupato, al punto da voler richiamare Del Gobbo, considerato un fuoriclasse. Che ne pensa?

“Non l’ho mai considerato tale. Ha avuto la fortuna di governare Magenta con molti soldi in cassa. Avrebbe potuto fare decisamente di più. Ma il punto è sempre lo stesso: si cerca il salvatore della patria. Uno scenario triste e desolante. Non è Del Gobbo il problema, be inteso. Ma il meccanismo che porta a cercare un Del Gobbo, perché attorno non c’è più niente”.

Cosa auspica per queste elezioni?

“Che la gente ragioni e non scelga emotivamente, che si faccia venire dubbi su chi promette tanto senza spiegare come farà, che non ascolti chi urla troppo. Chi urla non ha idee”.

E’ proprio sicuro di aver chiuso con la politica?

“In prima persona sì, anche per motivi concreti: il lavoro, la vita privata. Ma il mio impegno civico non finirà. Mi occupo di cultura, continuerò a farlo”.