Al Pirellone c’è persino chi è pagato per “la valorizzazione delle carni da selvaggina” o per “raccogliere le esigenze della popolazione”. Siamo alla follia
10 LUGLIO 2018
MILANO – Ci vuole una certa sfacciataggine – ma quella, in tutta onestà, al mio amico e collega Fabrizio Provera non è mai mancata – per definire “rigurgito tardivo e anti-casta” una consulenza da 28.000 euro, generosamente elargita a un giovane ‘padano’ soltanto perché amico e compagno di partito di un consigliere regionale. Nulla di illegale. Solo che fa sorridere questo tentativo di mettere sul fuoco un minestrone indigesto, buttandoci dentro ogni ortaggio allo scopo di far credere che i consulenti siano tutti uguali.
Qualcuno – Provera no, perché lo sa benissimo e la sua ‘crociata’ serve solo a difendere la categoria dei miracolati dalla politica – potrebbe spiegare perché un ente pubblico, quando deve difendersi in una controversia legale, si affida a un avvocato e non invece a un amico degli amici? Oppure perché, avendo urgenza di collaudare una scuola, si affida a un ingegnere e non a un giovane brillante e promettente? La risposta è semplice: si utilizzano competenze specifiche per risolvere problemi specifici, come la legge prescrive.
Invece, quando si tratta di distribuire incarichi a pioggia per cose di dubbia utilità, va bene chiunque. Colpa di una normativa volutamente lacunosa per consentire ai politici di dare il meglio (o il peggio) di sé, procurando prebende a compagni di partito, ‘trombati’ eccellenti, amici di vecchia data, giovani rampanti e via dicendo. Chiamatela ‘casta’, chiamatala come volete. Ma quando gli enti pubblici vengono utilizzati come una ‘mangiatoia’, c’è poco da “difendere la politica”. Piuttosto, c’è molto da vergognarsi.
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Chi scrive, dal 2004 al 2009, fu responsabile dell’ufficio stampa del consiglio provinciale di Milano, curando sia la comunicazione del presidente dell’assemblea elettiva sia quella dei gruppi consiliari, redigendo comunicati stampa, organizzando interviste, agevolando la partecipazione a programmi radio e tv dei consiglieri, provvedendo a una serie di altri servizi (quali la giornaliera rassegna stampa, l’organizzazione di convegni, la stesura di discorsi istituzionali). Chiunque volesse compiere una verifica potrà trovare, ancora oggi, traccia del mio lavoro. Del resto, fui chiamato a ricoprire un ruolo previsto per giornalisti, cioè fui chiamato a svolgere il mio mestiere, essendo peraltro in possesso di una laurea magistrale, di un’iscrizione a un ordine professionale e di varie corsi di specializzazione, oltre che di una certa esperienza. (Leggi il cv di Ersilio Mattioni).
A questo punto, chi è dotato di un minimo di cervello – e non deve difendere l’indifendibile – avrà già capito che il punto cruciale è la competenza. Nel caso specifico, sollevato dall’amico Provera, quale competenza possiede il ‘padano’ Luca Mazzeo per fare il giornalista, per redigere comunicati stampa, per elaborare strategie di comunicazione? Nessuna. E se la Lombardia è una regione ricca ed efficiente (grazie al lavoro dei suoi cittadini e grazie a una burocrazia che affonda le sue radici indietro nel tempo), questo non è certo un motivo sufficiente per buttare via soldi pubblici.
Andiamo avanti. Qual è la competenza di Provera per meritarsi una consulenza da 19.200 euro l’anno in Regione? Facile, Fabrizio è un giornalista iscritto all’Ordine e se viene chiamato a svolgere un incarico che ha a che fare con la comunicazione, nessuno scandalo. L’ha fatto, come lui stesso puntualizza, molte volte nella vita. Così come chi scrive. E così come Francesco Colombo, che oggi segue la comunicazione politica del sottosegretario agli Affari regionali, Stefano Buffagni. Anche Francesco, come Fabrizio, è un giornalista iscritto all’Ordine e ha maturato, nel nostro settimanale, un’esperienza di sei anni.
Lo scandalo, invece, è nell’oggetto di certe consulenze. Assieme al collega Marzio Brusini, qualche anno fa, pubblicai su ‘L’Espresso’ un articolo a riguardo: ve ne consiglio la lettura. A volte gli incarichi fiduciari sono talmente fantasiosi da far dubitare della loro necessità e spesso della loro veridicità. Tra un anno sarò felice di leggere il lavoro dell’amico Provera in regione Lombardia, perché quei 19.200 euro gli vengono corrisposti per redigere uno “studio della percezione della sicurezza nelle città lombarde attraverso un’approfondita analisi dei portali internet dedicati a questo argomento”. Ma davvero la Lombardia ha bisogno di tale studio? Davvero non esiste un solo dipendente in grado di confezionarlo? Davvero è così utile impiegare soldi pubblici per far analizzare i portali web delle città lombarde, dai quali si deduce la “percezione della sicurezza”? Suvvia, non prendiamoci in giro. La sensazione è che i politici si paghino a spese nostre gli addetti stampa, ma li mascherino dietro improbabilissimi incarichi.
Non è isolato il ‘caso Provera’. Ce ne sono molti altri. Date un occhiata voi stessi (leggi l’elenco delle ultime consulenze in Regione). C’è chi è pagato per “aumentare la visibilità dell’amministratore attraverso un piano editoriale social”, chi per “intrattenere contatti con il territorio” o “raccogliere le esigenze della popolazione”, chi ancora per “valorizzare i network sportivi”. E c’è persino chi percepisce denaro per “la valorizzazione delle carni da selvaggina”.
E sarà pur vero, come scrive Provera, che “un politico eletto e forte del consenso popolare ha il pieno diritto di avvalersi della collaborazione di persone che godono della sua fiducia con contratti a tempo determinato”. Ma nessuno dà il diritto a un politico – eletto o non eletto – di buttare dalla finestra i nostri soldi, inventandosi consulenze tanto assurde quanto completamente inutili.