La direzione regionale del Pd, alla presenza del coordinatore nazionale Lorenzo Guerini, ha approvato all’unanimità la candidatura di Giorgio Gori alla presidenza della Regione per le elezioni della primavera 2018
MILANO – “Giorgio Gori è il nostro candidato alla guida della Regione Lombardia”. Lo dichiara il segretario regionale Pd, Alessandro Alfieri. Che aggiunge: “Gori sarà sostenuto da una coalizione di centrosinistra ampia e aperta. Abbiamo lavorato e continueremo a lavorare in questa direzione, perché la Lombardia ha bisogno di un profondo cambiamento rispetto a Roberto Maroni e al centrodestra. Giorgio Gori può vincere questa sfida e ha tutto il nostro sostegno”.
Tutti d’accordo
Nessuno screzio, nessuna voce dissonante: il sindaco Bergamo, 57 anni, ex direttore di Canale 5 e Italia 1, è stato votato all’unanimità dalla direzione regionale del Pd. Di ecente, Gori aveva fatto parlare di sé per essersi schierato a favore del ‘sì’ al referendum sull’autonomia lombarda, provocando più un mal di pancia all’interno del suo stesso partito, i cui dirigenti sono invece rimasti timidi sulla consultazioni, preferendo disertare le urne. Ma evidentemente le differenze tra Gori e i ‘dem’ sono state superate in nome della necessaria unità per combattere una sfida difficile: il centrodestra compatto, in Lombardia, è ancora molto forte.
I sondaggi
Le ultime intenzioni di voto per le elezioni regionali 2018 risalgono allo scorso agosto (sondaggio Winpool, pubblicato dal quotidiano ‘Libero’). Roberto Maroni sarebbe in vantaggio sia sul centrosinistra sia sul Movimento 5 Stelle. Nel centrodestra Forza Italia si attesterebbe intorno al 13%, mentre la Lega Nord sfiorerebbe quota 24%. Fratelli d’Italia e Lombardia Popolare sarebbero entrambi al 3%. Totale centrodestra: 43%. Sul fronte opposto il Pd si confermerebbe primo partito con oltre il 29% dei voti, cui si aggiungerebbero i voti di altri partiti e movimenti di sinistra (5%). Totale centrosinistra: 34%. Il terzo polo, ovvero il Movimento 5 Stelle, si attesterebbe poco sopra il 20%. Il partito degli indecisi e degli astenuti sarebbe ancora numeroso: 31%.