L’ex vicegovernatore della Lombardia racconta il retroscena tra mille contraddizioni: “In cambio dei soldi avrei fatto dedicare la struttura a Mamma Rosa”

17 LUGLIO 2018

di Riccardo Sala

MILANO – Si è concluso mercoledì pomeriggio l’interrogatorio all’ex vicepresidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani (a processo per corruzione, concussione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio), andato in scena in 3 diverse giornate e durato in totale più di 10 ore. Sullo sfondo della quarta sezione penale del Tribunale di Milano, il politico ha risposto alle domande delle parti civili e delle difese.  A farsi avanti, però, solo il Comune di Arconate (rappresentato dall’avvocato Federico Boezio) e la S.o.s Novate (l’azienda di pubblica assistenza che nel 2014 vinse il bando per il trasporto dei dializzati, secondo la Procura fatto fallire da Mantovani e dall’ex assessore regionale Massimo Garavaglia).

“Chiesi 3 milioni di euro a Silvio Berlusconi”

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Mantovani è accusato di aver operato da sindaco di Arconate, senatore e sottosegretario alle Infrastrutture per far avere l’appalto della casa di riposo di via Silvio Pellico a Opera Pia Castiglioni, una delle aziende a lui riconducibili, cagionando inoltre un danno al Comune. L’avvocato Boezio ripercorre l’intero iter procedurale e societario tra il 2008 e il 2011 insieme al politico. Si scoprono intanto nuovi dettagli sull’ormai famosa richiesta di contributo all’ex premier Silvio Berlusconi. Mantovani afferma di aver “chiesto a Berlusconi 3 milioni di euro per la costruzione della casa di riposo, in cambio avrei spinto per dare alla struttura il nome di  Mamma Rosa, sua madre”. L’offerta, poi, non ebbe seguito. Boezio chiede in che veste Mantovani abbia avanzato la richiesta, dal momento che la decisione, formalmente, sarebbe spettata a Opera Pia Castiglioni. “La feci in qualità di leader politico – risponde l’ex sindaco – perché una donazione del genere avrebbe avvantaggiato tutti gli attori in campo”.

Contraddizioni sulla casa di riposo di Arconate

Nel resto dell’interrogatorio, ancora una volta, Mantovani si destreggia in mezzo alle contraddizioni. Nella stessa aula di giustizia, infatti, abbiamo avuto modo di apprezzare l’attenzione quasi maniacale dell’ex vicegovernatore lombardo per le faccende arconatesi (“Ho girato tutta l’Europa per capire come rifare la piazza del paese” e “Ho lavorato come leader politico, personalmente, per realizzare un’opera che gli arconatesi chiedevano da 30 anni” sono parole sue), ma ora veniamo a conoscenza di un deciso disinteresse verso le medesime questioni. Mantovani afferma di “aver incontrato Francesco Errichiello (provveditore alle opere pubbliche, autore del bando per la casa di riposo e ‘dipendente’, nella gerarchia politica, del sottosegretario Mantovani, ndr) quasi ogni lunedì” e che “la pratica per la casa di riposo ci ha messo quasi 3 anni”. Nonostante questo, l’ex senatore nega di aver mai chiesto a Errichiello aggiornamenti o novità sulla questione. Possibile che, tenendoci così tanto ad Arconate, in diversi anni non abbia mai parlato dell’opera a un funzionario che incontrava quasi settimanalmente? Lo stesso copione sulla vicenda del responsabile dell’Uffico tecnico del Comune di Arconate, Massimo Miracca, che in quegli anni rifiutò di svolgere una perizia sul terreno dove poi sarà costruita la casa di riposo. L’incarico venne poi affidato all’architetto Luigi Chiara (consulente di Fondazione Mantovani), ma anche qui Mantovani afferma di non essersene interessato: “Tutto si svolse sotto la guida dell’assessore Luca Monolo. Io presi atto”. Incalza Boezio: “Ma non le è sembrato strano che Monolo volesse dare un incarico esterno, con una spesa per la collettività, per una perizia che avrebbe potuto fare il funzionario del comune?” “Non chiesi e non mi interessai”, risponde Mantovani. Le valutazioni ai lettori e, in ultima istanza, ai giudici.