Il crollo del centrosinistra rende il Pd marginale in Italia, lontano dai cittadini. Non c’è forse qualcosa da imparare dai ‘populisti’?
9 MARZO 2018
MAGENTA (MILANO) – Per il centrosinistra il voto grillino e leghista è figlio della paura o delle ‘bufale’; è espressione del populismo diffuso, da cui stare alla larga. Ragionando in questo modo il Pd imparerà poco o nulla dalla batosta di domenica. Batosta per altro prevedibile, considerando le amministrative 2017 e la naturale alternanza tra maggioranza e opposizione al governo.
Lo scollamento in un volantino
Che la sconfitta fosse imminente lo ha però suggerito un dettaglio: il volantino ‘dem’ distribuito agli italiani pochi giorni prima del voto. Un foglio A4, da aprire in quattro parti come una cartina geografica. All’interno un prolisso elenco di 100 cose realizzate dal governo Renzi e altre 100 da fare dopo il voto in caso di successo. Quello che doveva essere l’ ultimo appello deciso e decisivo, ha avuto le sembianze di un autogol. In linea allo stile della campagna elettorale dei democratici, basata sul rivendicare in modo freddo i risultati degli ultimi anni, indifferente al ribollire del malcontento diffuso. Una scelta che ha mostrato tutta la distanza tra il Pd e gli elettori.
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Il fascino della ‘Rivoluzione’
5 Stelle e Lega hanno invece dato risposte e un orizzonte a cui aggrapparsi. Non a caso si considerano forze di ‘Rivoluzione’. Di Maio e Salvini non hanno guardato al passato ma al futuro; a uno scenario tratteggiato in modo semplicistico, populista e onirico, malgrado tutto presente al di là del telo della cabina elettorale. La cultura spiega che sono importanti le domande, non le risposte. Ma la politica non è cultura, o meglio non solo. La speranza ‘grillina’ e leghista nasce nelle piazze virtuali e reali, abitate da anni e non solo 3 mesi prima del voto. La ‘Rivoluzione’ di Di Maio e Salvini è comprensibile e comunicabile, anche se (oppure proprio perché) oltrepassa i limiti del politicamente corretto. Persuade, e l’elettore persuaso non sta troppo a valutare come realizzare le proposte: ci penseranno i rappresentanti una volta eletti. Questo a sinistra l’hanno dimenticato. In fondo la ‘dittatura del proletariato’ non era tanto più praticabile di certe proposte ‘grilline’…
Prigionieri della propria storia
Il centrosinistra è privo di voce e i suoi leader perdono autorevolezza e carisma a partire dai circoli. Lì ci si crogiola nell’essere democratici, organizzando primarie e congressi durante i quali è possibile dire tutto e il contrario di tutto. I leader fanno a gara a chi ascolta di più pur di nascondere l’incapacità di indicare la via maestra. Smarrito, il popolo progressista non ha potuto far altro che riunirsi la settimana prima del voto sotto il cartello dell’antifascismo, a 75 anni dalla caduta del regime di Mussolini e contro CasaPound, schieramento che conta meno dell’1 per cento. Superando la storia comunista e democristiana il Pd dovrebbe fare una politica più chiara e diretta, senza rinunciare a un orizzonte capace di scaldare l’animo degli elettori, soprattuttto quelli nuovi. Altrimenti rischia di finire come la cosiddetta sinistra ‘estrema’, la quale si diletta in pittoresche forme di protesta. Essa si compiace di correre da sola, senza accorgersi di avanzare verso l’uscita.
