E’ morto Franco Ottolini, sindaco di Robecchetto con Induno dal 1990 al 2004. Ingegnere di professione, cominciò a fare politica nel Partito socialista italiano. Uomo di cultura e di rara intelligenza, fu uno degli amministratori più capaci e competenti del nostro territorio

di Ersilio Mattioni

ROBECCHETTO CON INDUNO (MILANO) – Una sera degli Anni ’90 a Robecchetto con Induno era già passata l’una di notte ed era appena terminato un consiglio comunale lunghissimo, polemico e faticoso. Il sindaco aveva duellato per ore con l’opposizione, che aveva cercato di buttarla in rissa con tecniche dilatorie, interruzioni fuori microfono, accuse e insulti alla giunta. Lui non si era scomposto, ma dal suo volto traspariva la stanchezza e il nervosismo. Chi scrive faceva il giornalista da pochi anni. Alla fine della seduta mi avvicinai per avere due chiarimenti tecnici. Non era il momento, ma quelle informazioni mi servivano. “Sindaco, posso chiederle due cose?”. Il primo cittadino alzò la testa, abbozzò un piccolo sorriso e rispose così: “Certo, nella vita si può chiudere tutto. Basta farlo con educazione. Mi dica pure”. Questo era Franco Ottolini.

Cominciò a fare politica nel Partito socialista italiano. Robecchetto, come tutta la nostra zona del resto, era un feudo democristiano. Ma nel 1990 la lista di Ottolini vinse le elezioni e lui venne nominato sindaco dal consiglio comunale (all’epoca non esisteva ancora l’elezione diretta). Lì cominciò la grande stagione de ‘Il Ponte’, una lista civica di centrosinistra inclusivo, capace di parlare a tanti mondi. A pensarci oggi è incredibile quanto quell’iniziativa politica fosse lungimirante.

Ottolini sapeva decidere ma faceva i conti con i dubbi, conosceva il valore dell’errore e della fragilità. Restò sindaco per tre mandati, fino al 2004. Amministratore dotato di grande capacità e politico raffinato, aveva una visione e provò a immaginare la Robecchetto del futuro, cogliendo le opportunità di sviluppo e facendo crescere il paese. Opere pubbliche, certo. Ma anche una grande attenzione alla scuola, alla cultura, alle politiche sociali. Per lui nessuno doveva restare indietro, ma tutti erano chiamati a dare un contributo.

Ingegnere e manager di professione, tenne la sua vita privata sempre distinta dalla sfera pubblica. E quando il suo tempo passò, se ne rese conto immediatamente. Tornò agli affetti: la famiglia, i figli, i nipoti che adorava. Non volle più occuparsi di politica, a nessun livello. Qualche tempo fa gli chiedemmo di rilasciarci un’intervista sul passato, sul presente e sul futuro. Garbatamente, ci disse di no. “Un caffè, una chiacchierata. Questo molto volentieri, ma un’intervista no. Tocca ad altri e io, davvero, non voglio interferire”. Oggi diciamo addio a un uomo di enorme caratura e rara intelligenza. Oggi è un giorno triste.

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