Le 130.000 tonnellate di rifiuti versati nella cava sarebbero stati bonificati da ditte non iscritte all’albo

18 DICEMBRE 2015

di Lucrezia Cantarello

OSSONA (MILANO) – La vicenda delle 130 mila tonnellate di rifiuti nel sottosuolo ossonese non smette di suscitare interrogativi e dibattiti, e dall’analisi delle carte emergono nuovi e, a tratti, sconcertanti elementi. Occorre in primis ricostruire la vicenda, piuttosto intricata, per comprendere sviluppi e conseguenze di quanto accaduto. Semplificando, tutto inizia nel 2006 quando, contemporaneamente alla costruzione del tratto di Tav Milano- Novara, la conferenza dei servizi del comune di Ossona approva il progetto preliminare di una discarica sita in territorio ossonese. L’attività di bonifica di questa discarica sarebbe stata affidata e portata a termine nell’aprile 2008 dalla società consortile Ossona Scarl, composta a sua volta da altre tre società: Sogesa, Teseco, Impresa Ferrara. Tutte le società che si occupano di bonifiche di questo tipo devono essere per legge iscritte a un Albo preposto alla verifica dell’idoneità delle stesse. Il compito di controllare se le aziende in oggetto fossero iscritte a tale albo sarebbe spettato all’allora funzionario responsabile dell’Ufficio Bonifiche della Provincia di Milano, Luca Raffaelli, che affermò di aver adempiuto alla mansione di controllo a lui assegnata. Tuttavia, a lavori ultimati, si procedette ad una verifica dell’effettiva iscrizione all’albo delle società impegnate nella bonifica, ed emerse che né la Sogesa né la Teseco erano iscritte a tale albo. Si aprì dunque, nel 2012, un processo che vide, a seguito della sentenza emanata il 2 marzo del 2012, la condanna in primo grado del presidente di Ossona Scarl Rocco Francesco Ferrara e di Gualtiero Masini, a.d. di Ossona Scarl e rappresentante di Teseco. Ferrara fu condannato ad un anno di reclusione, Masini insieme a Raffaelli furono condannati al pagamento di 10 mila euro di multa insieme alle spese legali del processo. Inoltre tutti e tre furono condannati al pagamento di un risarcimento a tutte le parti coinvolte, costituitesi parti civili: al comune di Milano la somma di 4.500 euro, alla Regione Lombardia 6mila euro, alla Provincia di Milano 9mila euro e al comune di Ossona 4.500 euro. A distanza di 3 anni dal primo grado, quali sono le conseguenze e i risultati di questo processo ad Ossona? Il risarcimento non è ancora stato versato, poiché sulla sentenza non è indicato un limite temporale entro cui il comune dovrebbe incassarlo. Inoltre, le 130mila tonnellate di rifiuti versati nella cava ossonese sono stati ‘bonificati’ da società che non risultavano essere iscritte all’Albo, ma ad oggi restano lì seppelliti sotto migliaia di metri cubi di terreno. Il consigliere capogruppo di Cambiamo Ossona, Gilberto Rossi, da sempre molto attento ai temi di ordine ambientale, si fa portavoce delle perplessità domandandosi: “E’ stata eseguita un’analisi della condizione del suolo sull’area in oggetto?”. In attesa di una dovuta risposta da parte della giunta comunale, vi terremo aggiornati sulla vicenda.