Chiesti 10 anni per ex assessore regionale Zambetti e 17 per il ‘boss’ Costantino, il Pm D’amico: “Elezioni regionali 2010 falsate”
di Ersilio Mattioni
SEDRIANO (MILANO) – Nel processo sui rapporti fra la politica e la ‘ndrangheta in Lombardia, in particolare a Milano e provincia, l’ex sindaco di Sedriano Alfredo Celeste era accusato di corruzione propria, un reato grave per un pubblico amministratore che però, quasi, scompariva rispetto alle accuse di mafia, estorsione e voto di scambio rivolte a vario titolo agli altri imputati. Ma il Pubblico ministero Giuseppe D’Amico, della Direzione distrettuale antimafia, non ha fatto sconti all’ex primo cittadino di Sedriano, pur riconoscendogli le attenuanti generiche. Alla fine la richiesta di condanna è stata netta: 3 anni e 6 mesi di carcere perché l’ex sindaco del primo comune lombardo sciolto per mafia nell’ottobre 2013 “ha asservito la sua funzione pubblica a due soggetti che agivano da corruttori, Eugenio Costantino (il ‘boss’ della ‘ndrangheta, per lui sono stati chiesti 17 anni di reclusione, ndr) e Marco Scalambra (il chirurgo della Humanitas, marito dell’ex capogruppo Pdl a Sedriano, Silvia Fagnani: per lui sono stati chiesti 6 anni e 6 mesi, secondo l’accusa fu un collettore di voti delle cosche calabresi, ndr)”. Celeste sapeva che Costantino e Scalambra erano in modo diverso fra loro legati ad ambienti mafiosi? Secondo il Pm “di questo non c’è la prova”. Da ciò le attenuanti generiche concesse all’ex sindaco. Secondo la Procura tuttavia “Celeste compie una serie di atti contrari ai suoi doveri d’ufficio”. E lo fa perché tiene all’amicizia con i suoi due sodali, in quanto avrebbero potuto aiutarlo nella sua carriera politica o anche soltanto nel mantenimento del potere a Sedriano. E così D’Amico cita, uno per uno, tutti gli episodi già noti: l’ex sindaco fece avere a Costantino una corsia preferenziale per aprire una gelateria al Bennet, promise sempre a Costantino un grosso lavoro alla piattaforma ecologica del comune, si adoperò per favorire alcune cooperative legate a Scalambra e assegnò senza gara la manutenzione del verde pubblico alla ditta Punto Green di Aldo De Lorenzis, imparentato con la famiglia mafiosa dei Musitano di Bareggio. Su quest’ultimo episodio la Procura è netta: “Celeste non poteva dire di no ai Musitano”. All’ex sindaco, che avrebbe voluto ricandidarsi alle elezioni comunali del prossimo 15 novembre ma che non può farlo per via del divieto del tribunale di Busto Arsizio, poteva andare decisamente peggio. Ma se per il Pm “non c’è la prova” che Celeste sapesse di aver a che fare con persone vicine ai clan, c’è invece per Scalambra “che mostra, in occasione delle elezioni comunali di Rho nel 2011, di sapere perfettamente che Costantino può manovrare i voti delle lobby calabresi”. Agendo in questo modo, Costantino e Scalambra avrebbero inoltre lavorato per rafforzare in Lombardia la potente cosca dei Mancuso di Limbadi, che nell’Altomilanese aveva un capo: Sabatino Di Grillo, già condannato a 10 anni e 10 mesi in primo grado e in Appello. Stesso discorso può essere fatto per l’ex assessore regionale Pdl Domenico Zambetti: per la Procura anche lui sapeva del sodalizio fra politica e mafia, quando comprò da Costantino 4 mila voti sporchi al prezzo di 200 mila euro. Da ciò la richiesta di una condanna pesantissima: 10 anni di carcere. Di più, per i magistrati inquirenti Zambetti fu rieletto al Pirellone nel 2010 proprio grazie a quei 4 mila voti mafiosi e “dunque quella competizione elettorale (che vide la schiacciante vittoria di Roberto Formigoni contro Filippo Penati, ndr) fu falsata”. Le altre due richieste di condanna riguardano Ciro Simonte (considerato un uomo di Costantino) e Ambrogio Crespi, il fratello dell’ex sondaggista di Silvio Berlusconi. Anche a Simonte sono state riconosciute le attenuanti generiche, sia perché, secondo il Pm D’Amico, “si limitò a eseguire gli ordini di Costantino” senza prendere parte attiva agli eventi sia per le sue precarie condizioni di salute. Ma a sua carico resta l’aggravante mafiosa e ciò comporta una richiesta di condanna a 8 anni di carcere. Aggravante, secondo la Procura, anche per Crespi, con conseguente richiesta di condanna a 6 anni. Dopo 51 udienze e 120 testimoni chiamati a deporre (fra cui l’assessore regionale Massimo Garavaglia, non indagato, a propositodi una vicenda che riguarda il Tav, per la quale il Pm ha chiesto al tribunale di trasmettere gli atti al suo ufficio per valutare l’apertura di un nuovo fascicolo, diverso e distinto dalla materia odierna) il processo ai rapporti tra politica e mafia si avvia alla conclusione. La sentenza di primo grado è attesa fra marzo e aprile 2016.