Il 12 agosto del 1944 le truppe nazifasciste saccheggiarono il paese toscano e uccisero 560 civili tra cui donne e bambini. Anche Anpi Magenta e Comune presenti alle celebrazioni

13 AGOSTO 2019

di Elisa Turati

SANT’ANNA DI STAZZEMA (LUCCA) – “Li avevano presi quasi nei letti: erano mezzi vestiti, avevano le membra ancora intorpidite dal sonno; tutti pensavano che sarebbero stati allontanati da quei luoghi verso altri”. Le parole che lo scrittore viareggino Manlio Cancogni impresse sulla carta nell’aprile del 1945 descrivono il momento esatto in cui ebbe inizio l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema. In questa località toscana immersa nel verde nelle Alpi Apuane in provincia di Lucca, 75 anni fa si è consumato una delle stragi di civili più significative e atroci della storia della seconda guerra mondiale.

La storia

12 agosto 1944. Durante il secondo conflitto mondiale, Sant’Anna di Stazzema era stata qualificata dal comando tedesco come ‘zona bianca’, ovvero luogo adatto a ospitare i civili sfollati per sfuggire dalla guerra; infatti il numero di abitanti del paese era cresciuto a 2.000. Nonostante ciò tre reparti delle SS (le milizie speciali create dal partito nazionalsocialista tedesco nella Germania nazista) in collaborazione con i repubblichini, salirono a Sant’Anna e alle sette di quel sabato mattina, il paese era completamente circondato. Gli uomini del posto si nascosero nei boschi per non essere catturati e deportati, mentre le donne, i bambini e gli anziani, restarono nelle loro dimore, sicuri che nulla sarebbe successo loro in quanto civili inermi. Ma non fu così. I tedeschi fecero irruzione nelle case circostanti alla Piazza della Chiesa, li prelevarono e radunarono per poi ucciderli. Il parroco di Farnocchia, Don Innocenzo Lazzero, sfollato a Sant’Anna, cercò di mediare con l’ufficiale tedesco ma il tentativo non andò a buon fine. I civili vennero uccisi a colpi di mitra, bombe a mano, colpi di rivoltella; in totale furono 560 le vittime della furia omicida nazifascista e in gran parte civili inermi. I corpi vennero bruciati utilizzando anche le panche della chiesa per alimentare il fuoco e i resti vennero sepolti in una fossa comune. La vittima più giovane, Anna Pardini, aveva solo 20 giorni di vita. Venne uccisa anche Evelina che quella mattina aveva le doglie; Genny, la quale, per difendere suo figlio Mario, scagliò uno dei suoi zoccoli in faccia al nazista che stava per ucciderla; tutti gli otto fratelli Tucci insieme alla madre, e molti altri. I resti dei martiri oggi giacciono nel Sacrazio (detto anche Monumento Ossario) collocato sul Colle di Cava, un luogo sopraelevato e ben visibile da tutta la Versilia. Intorno al Sacrario vi sono i loculi delle vittime che sono state riconosciute dalle famiglie; gli altri corpi, irriconoscibili a causa del fuoco, si trovano nella camera all’interno del basamento, mentre sul retro una grande lapide riporta l’elenco incompleto delle vittime di cui si conosce l’identità. Non si trattò di una rappresaglia (un crimine compiuto in risposta all’azione nemica) ma di un vero e proprio atto terroristico premeditato per distruggere il paese e sterminare la popolazione.

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‘L’armadio della vergogna’ e il processo

Il primo processo per i responsabili dei crimini commessi ebbe luogo il 20 aprile 2004, ben 60 anni dopo l’eccidio. Nel 1994 il procuratore militare di Roma Antonino Intelisano, stava indagando su Erich Priebkee (agente della Gestapo, la polizia segreta della Germania nazista e comandante delle SS), condannato in seguito per l’eccidio delle Fosse Ardeatine e Karl Hass (maggiore delle SS) quando casualmente, negli scantinati di Palazzo Cesi-Gadda, una delle sede dell’organo giudiziario militare, scopre la presenza di ben 695 fascicoli contenenti i reati commessi dai nazisti e dai fascisti tra 1943 e il 1945 da Marzabotto a Sant’Anna, nomi e cognomi dei colpevoli e delle vittime, testimonianze raccolte da Carabinieri o militari inglesi e americani pochi giorni dopo gli eccidi. Nel 1960 questi fascicoli furono “archiviati provvisoriamente” e riposti in un armadio chiuso con le ante rivolte verso il muro; da qui deriva la definizione di ‘armadio della vergogna’, espressione cognata dal giornalista Franco Giustolisi il quale, nel 1996, parlò dell’insabbiamento dei documenti in un articolo scritto insieme al collega Alessandro De Feo. Le carte vennero occultate per motivazioni prettamente politiche poiché i processi avrebbero messo dietro le sbarre gli ex ufficiali tedeschi con l’accusa di centinai di omicidi, e ciò avrebbe recato danni ai rapporti tra Italia e Germania. L’allora procuratore militare di La Spezia, Marco De Paolis, dopo varie indagini, riuscì ad individuare i nomi dei responsabili dell’eccidio di Sant’Anna e nell’aprile del 2004 venne celebrato il processo davanti ai giudici del Tribunale militare di La Spezia. Si decise, però, di processare solo gli ufficiali, considerati i veri esecutori dei crimini, risparmiando i soldati perché sarebbero stati a centinaia. Il processo si concluse nel 2005 con la condanna all’ergastolo di dieci SS; sentenza che fu confermata in Appello nel 2006 e ratificata in Cassazione nel 2007. Gli ufficiali condannati erano ultraottantenni.

L’archiviazione della Procura di Stoccarda

Il 1° ottobre 2012 la Procura di Stoccarda ha archiviato l’inchiesta per la strage nazista. Secondo i magistrati, infatti, oggi il numero esatto delle vittime non si può stabilire visto che nella regione si trovavano anche numerosi rifugiati di guerra provenienti da altre zone ed è necessario che venga comprovata la partecipazione alla strage di ogni singolo imputato. Inoltre, durante l’inchiesta non è stato possibile accertare con sicurezza che l’eccidio sia stato un atto premeditato: è possibile che l’obiettivo fosse solo la lotta antipartigiana e i rastrellamenti di uomini da deportare ai lavori forzati in Germania. Ciò significa che i colpevoli di quella strage stanno vivendo e moriranno senza mai pagare per i reati commessi.

Magenta e Sant’Anna di Stazzema: città gemellate dal 1975

Erano in migliaia a ricordare quest’anniversario importante, non solo per Sant’Anna di Stazzema e per la Toscana ma per l’umanità intera: associazioni, persone di diverse nazionalità, comuni provenienti da varie zone d’Italia, tra cui Magenta, gemellata dal 1975 con Sant’Anna di Stazzema. Anche quest’anno come ogni anni, la sezione Anpi di Magenta (Associazione nazionale partigiani d’italia) insieme al comune di Magenta rappresentato dal consigliere comunale di maggioranza Massimo Peri, ha partecipato alla commemorazione con l’obiettivo, come spiega nell’invito di partecipazione il presidente dell’associazione Domenico Cuzzocrea “di mantenere viva la memoria storica dei tragici eventi dell’estate del 1944 ed educare le nuove generazioni ai valori della pace, della giustizia, della collaborazione e del rispetto fra popoli e individui. E’ una commemorazione di grande valore umano e storico a cui almeno una volta bisogna partecipare”, sottolinea il presidente.

Il ‘Tappeto della Pace’ e la commemorazione

Il ‘Tappeto della pace’ ha fatto da cornice alla celebrazione di quest’anno. Lungo circa un chilometro, è composto da 6.000 pezzi diversi cuciti tra loro realizzati e inviati da ogni parte dell’Italia e altri 112 Paese del mondo: “E’ il simbolo della pace- afferma il sindaco di Sant’Anna di Stazzema, Maurizio Verona, all’apertura della cerimonia- mette insieme pezzi diversi ed è una risposta a coloro che separano i bambini dalle mense scolastiche perché stranieri, a coloro che non fanno entrare nei loro locali o stabilimenti balneari chi ha la pelle scura, e a chi profana i monumenti partigiani con le svastiche. Essere razzisti sta diventando di moda nel nostro Paese- sottolinea il sindaco- e le forme di discriminazione stanno diventando normali: sta crescendo un clima d’odio e le istituzioni non devono tacere. Sant’Anna è la capitale europea contro i fascismi”. Alla celebrazione era presente anche Cristoph Fleischhauer, il sindaco della città tedesca di Moers, gemellata con Sant’Anna dal pomeriggio dello stesso 12 agosto 2019: “Oggi ricordiamo una grande ingiustizia e chiediamo umilmente perdono per ciò che è successo. Dal nostro incontro è nato qualcosa di speciale e tra i giovani delle nostre nazioni è nata la voglia di creare maggiore scambio e incontri: la nostra speranza risiede nei giovani che devono sentirsi europei”, e a proposito di Europa sottolinea: “Non dobbiamo misurare l’Europa solo con le istituzioni politiche perché, prima di tutto, c’è il popolo europeo”. Il 10 giugno 1944 anche Distomo, città greca, è stata teatro di un eccidio in cui morirono 241 persona per mano dei tedeschi, come spiega il sindaco Ioannis Stathas: “Hanno ucciso donne e bambini, i colpevoli devono essere puniti anche a distanza di anni”. “C’è una scia di sangue che attraversa il territorio toscano da nord a sud- afferma il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi– La Toscana ha pagato un prezzo altissimo per la conquista della democrazia e della libertà. Quello che accade qui è diventata un emblema di tutto ciò per la mancanza di umanità e il silenzio che si riascolta è quello delle vittime su cui si è abbattuta una crudeltà insensata”, e riguardo al clima politico odierno aggiunge: “Oggi avvertiamo di essere giunti su un crinale pericoloso in cui la possibilità di un regresso è meno remota di quanto ci si possa aspettare. Ci si deve mobilitare contro questa cultura antiumanistica e non abbandonare mai il terreno dell’umanità ad aiutare chi ne ha bisogno. Come presidente della Regione Toscana, in questo luogo sacro per la coscienza democratica della Toscana e del Paese vogliamo ribadire i nostri principi e valori costituzionali e antifascisti”. Il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi si sofferma sul concetto di giustizia e memoria: “La condanna morale è importante ma nel concetto di giustizia non basta ed è triste vedere che la giustizia non ha potuto avere il suo corso con la punizione meritata dei colpevoli. Dobbiamo trasmettere il ricordo di quanto è accaduto per la lezione che questi avvenimenti rappresentano per ciascuno di noi”. Ma è sicuramente l’intervento del presidente dell’Associazione Martiri di Sant’Anna e sopravvissuto all’eccidio, Enrico Pieri, il più atteso da tutti i presenti: “ Sono passati 75 anni e vedere oggi così tanta gente mi rallegra. Noi oggi abbiamo bisogno di memoria e non possiamo rimanere indifferenti a niente. Facciamo in modo che di Sant’Anna non ce ne siano più