Il marchio Italdenim è conosciuto in Italia e nel mondo, ma la storica azienda che ha sede a Inveruno, nel Milanese, attraversa un periodo di crisi nera. Al punto da pagare gli stipendi in ritardo e a non rendere note le prospettive future. I sindacati: “Ammortizzatori sociali e contratti di solidarietà”

3 GENNAIO 2016

di Francesco Colombo

INVERUNO (MILANO) – Italdenim, storica azienda di Inveruno, nel Milanese, è in grave difficoltà: la ristrutturazione colpisce il reparto di filatura e fa chiudere lo stabilimento di via Rembrandt, con 42 dipendenti lasciati a casa.

Rebus stipendi

La notizia era nell’aria. Tanto che gli operai, negli ultimi tempi, avevano manifestato ai sindacati timori sul futuro del loro posto di lavoro, anche a causa degli stipendi che a volte arrivano in ritardo. Non solo, la produzione sarebbe ridotta al minimo. A ciò si aggiunge l’incertezza sulle strategie future, sulle quali la proprietà non è sempre stata chiarissima.

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Parla il sindaco

Una situazione di ‘limbo’, così come conferma il sindaco di Inveruno, Sara Bettinelli: “Parliamo di una situazione traballante – esordisce il primo cittadino – Ho avuto un incontro con i sindacati e con il titolare, che mi ha assicurato l’assoluta volontà di garantire la sopravvivenza dell’azienda. Dall’altra, però, siamo anche consapevoli delle difficoltà nei pagamenti, che insistono ormai da diverso tempo. E’ una fase di grande incertezza ed è in corso un intenso lavoro dei sindacati per riuscire a trovare una soluzione che tuteli i lavoratori e che allo stesso tempo non danneggi la ditta. Non stiamo parlando di una situazione grave come quella di Carapelli, almeno per il momento, ma è necessario tenere gli occhi aperti e monitare”.

L’azienda

Di sicuro c’è che le potenzialità, per la storica ditta inverunese, ci sono tutte. Soltanto quest’estate, infatti, avevano destato grande interesse le interviste del titolare della Italdenim che raccontava della realizzazione dei primi modelli di jeans il cui tessuto viene realizzato senza alcun apporto di sostanze chimiche. Un’idea innovativa, che potrebbe trovare riscontri importanti sul mercato. Ed è proprio Luigi Caccia a parlare della situazione della sua impresa. “La nostra azienda – racconta – attraversa un periodo commerciale difficile anche a causa di importazioni selvagge da parte di paesi terzi. Purtroppo la nostra ristrutturazione aziendale è dovuta passare anche per il taglio di 42 operai, con i quali in ogni caso abbiamo condiviso un percorso lungo un anno. Non è che ci siamo svegliati una mattina e li abbiamo lasciati a casa, per intenderci”. Il problema, spiega Caccia, sono i costi di produzione e l’assurdità di certe leggi italiane. “Avremmo potuto autoprodurre l’energia necessaria per il funzionamento di via Rembrandt, eppure per qualche strano motivo la legge italiana, che tutela solo i grandi colossi, non ce l’ha consentito. Avremmo risparmiato 500.000 euro”. In complesso, in circa 4 anni, l’azienda ha dovuto rinunciare a quasi 100 dipendenti. “E’ stato difficile sia a livello professionale, sia a livello umano – ammette il titolare – ma ora faremo di tutto per tenere viva l’azienda e garantire il futuro dei 106 dipendenti che ancora oggi ci lavorano. Abbiamo investito tanto nel corso degli ultimi 10 anni e vorremmo affrontare il futuro in maniera limpida e lucida. Difenderemo l’occupazione con le unghie e con i denti”.

I sindacati

Sulla vicenda si esprime anche Vito Zagaria, segretario della Femca Cisl di Milano, da anni attivo sul territorio: “Stiamo lavorando anche sotto le festività per garantire il pagamento degli stipendi arretrati e delle 13esime. Più in generale, il dialogo con la proprietà è finalizzato al mantenimento dello stabilimento di via Kennedy e a salvare il futuro di Italdenim. Stiamo infatti studiando le nuove normative sugli ammortizzatori sociali e ragioneremo anche sui contratti di solidarietà”.