Pedofilia a Magenta, i giudici di primo grado condannano un 43enne a 12 anni di carcere e 80.000 euro di risarcimento danni. E’ un indigente: viveva con il reddito di cittadinanza, ora sospeso. Nelle carte dell’inchiesta nessuna prova degli abusi sulla cuginetta ma un quadro indiziario fatto di un’immagine pedopornografica, foto scattate a ragazze giovanissime in luoghi pubblici e ricerche sui siti porno
MAGENTA (MILANO) – Pedofilia a Magenta, continua a far discutere il caso di A.D., un 43enne residente in città che due settimane fa è stato condannato in primo grado a 12 anni di carcere per presunti abusi sessuali sulla cuginetta (che all’epoca dei fatti, avvenuti dal 2011 al 2015, aveva tra i 10 e i 15 anni). Dalle carte dell’inchiesta emergono nuovi elementi (telefonate, fotografie), mentre è stata resa nota anche l’entità del risarcimento alla vittima: 80.000 euro.
Pedofilia a Magenta
La sentenza dei giudici di primo grado apre un delicato dibattito sugli indizi e sulle prove. L’avvocato di A.D., Roberto Grittini, si è espresso con parole molto dure: “Davanti alla Quinta sezione penale ormai è impossibile essere assolti, è uno scandalo. Viviamo in un sistema dove basta inventare una calunnia, che il povero accusato si trova già condannato. ‘Mala tempora currunt’ per la giustizia”. Di diverso avviso l’avvocato Federica Lipariti, che rappresenta la parte offesa: “Vi sono molteplici elementi indiziari sui comportamenti dell’imputato”.
Il risarcimento
Basta un quadro indiziario, benché piuttosto chiaro, per condannare una persona a 12 anni di carcere per abusi sessuali? Per l’avvocato Grittini no. Tanto che il legale annuncia il ricorso in appello, dichiarando: “Ribalteremo la sentenza”. Per i giudici di primo grado, invece, il caso di pedofilia a Magenta sarebbe provato. Tanto da intimare ad A.D. di risarcire la vittima con 80.000 euro. E dal momento che la sentenza è esecutiva, quei soldi dovranno essere versati subito.
Il reddito di cittadinanza
Il magentino 43enne, però, è in condizioni di indigenza. Viveva infatti grazie al reddito di cittadinanza, il sussidio introdotto nel 2019 dal governo giallo-verde. Ma il 28 gennaio del 2021 il Giudice per le indagini preliminari, di fronte alle accuse mosse ad A.D., gli ha sospeso la misura di sostegno. Difficile che l’uomo possa quindi pagare la somma stabilita dai giudici come risarcimento alla vittima.
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L’inchiesta
L’inchiesta muove i primi passi il 29 dicembre del 2020, quando la vittima (che oggi ha 21 anni) si presenta alla caserma dei Carabinieri di Albizzate (nel Varesino, dove risiede) e racconta ciò che sarebbe successo, a Magenta, tra il 2011 e il 2015. Il 43enne, imparentato con la ragazza, avrebbe abusato di lei per anni, più volte e in vari luoghi, sia a casa sia nella sua automobile e in quella di sua madre.
Le fotografie e i siti porno
Durante le indagini non emergono elementi che provino gli abusi. Ma secondo l’avvocato Liparoti “il quadro indiziario è estremamente chiaro”. Per esempio, nei dispositivi elettronici sequestrati ad A.D. è stata trovata un’immagine pedopornografica e una serie di fotografie amatoriali scattate a ragazzine giovanissime (al parco o per strada). C’è poi l’elenco delle sue ricerche sui siti porno, dove le categorie “incesto” e “teenager” sono sempre le più gettonate.